mercoledì 26 aprile 2017

Post sconfitta

Aprire gli archivi della memoria, per poco forniti che siano e per quanto sgradevole sia aprirli, può servire, allora, non solo all'elaborazione del lutto. Ripercorrere, col senno di poi, gli itinerari percorsi può consentire di interpretarli, di tradurli in esperienze, di rintracciare la radice degli errori, di salvare conquiste e strumenti di difesa, di recuperare mete e prospettive sottraendole all'azione demolitrice di giudizi professionali


Emilio Rosini, "L'ala dell'angelo: itinerario di un comunista perplesso"




Il testo del libro continua così: "A saperlo fare"! 
Oggi proverò a capire come si fa, senza alcuna presunzione di verità, a sfruttare il periodo successivo ad una débacle e ad utilizzare la sconfitta al meglio.
Un post che non avrei voluto scrivere quest'anno, ma viste le recenti vicende ho molti spunti interessanti partendo proprio dall'esperienza diretta.

La prima cosa che crolla addosso ad un giocatore il giorno dopo la sconfitta sono le critiche. 
E' importante saper valutare le critiche senza farsi schiacciare da esse: offrono punti di vista molto interessanti e sicuramente diversi da quello personale.
Se ci fate caso solitamente le critiche "del giorno dopo" vengono da due parti:
1. altri giocatori (1%)
2. tifosi (99%)

Non è un caso e dopo vi spiegherò perché.

Partiamo dai giocatori visto che sono pochissimi ed è più immediata l'analisi. Chi scrive il giorno dopo è sicuramente un collega che avrebbe voluto essere al posto vostro, ma che non ce l'ha fatta per demeriti sportivi. Solitamente anche a livello di curriculum è messo peggio di voi. Di solito palesa un finto dispiacere o produce un commento del tipo "se ci fossi stato io etc...".
Praticamente invidiosi e perdenti. Fermo restando che secondo me l'invidia è un'ottima leva per spingersi ad ottenere risultati migliori (ovviamente se si esplicita in lavoro in palestra e non solo a parole), si tratta comunque di critiche che non possono esserci d'aiuto perché il soggetto della critica corrisponde all'oggetto: è il critico ad essere dispiaciuto ed è sempre lui che avrebbe potuto vincere! Noi siamo solo il termine di confronto inferiore in quanto abbiamo appena perso.

Tifosi. 
Qui il discorso è diverso. Non faccio riferimento ai tifosi della squadra in cui si gioca, ma in generale a tutti, perché tutti scrivono o parlano (giustamente!!). Vi basterà aprire un social a caso per notare la varietà di commenti e pareri diversi ed opposti che vengono espressi sul singolo evento. Chi ha ragione e chi sbaglia? Chi ascoltare? 
Il mio pensiero è che probabilmente molti di loro conoscono bene il nostro sport e altri no, molti sono amici o parenti nostri o di rivali, altri parlano tanto per parlare: tutti hanno una motivazione forte per comunicarci la loro opinione che resta, però, un'idea espressa da qualcuno esterno agli eventi quotidiani della squadra. Di fatto tutti i commenti potrebbero esserci utili come spunti per far partire un'analisi personale. Nessun commento dev'essere identificato come "la verità" per una ragione semplice che è la stessa ragione per cui gli addetti ai lavori e i colleghi che vivono la vostra stessa esperienza non parlano "il giorno dopo": 

solo chi vive una squadra conosce i suoi meccanismi interni e sa cosa è successo in campo o fuori durante tutto l'anno

Riassumendo. Quelli dei tifosi e degli appassionati sono commenti utili e da non sottovalutare per far partire i nostri ragionamenti: niente di più, ma nemmeno nulla di meno!

Allora come dobbiamo fare per capire le motivazione della sconfitta e farne tesoro??
In primis dovremmo analizzare i fatti. Le parole o il curriculum passato o potenziale, cioè quello che siamo stati e abbiamo vinto o il giocatore che potremmo diventare in futuro non contano: importa solo quello che abbiamo fatto nel "presente".
Nello specifico io analizzerei 2 cose:
- come abbiamo preparato la vittoria nel corso di tutta la stagione?
- come abbiamo preparato il singolo evento?

Non è la voglia di vincere, ma la volontà di prepararsi a vincere che fa la differenza.



La frase è di Paul "Bear" Bryant allenatore dal 1936 della squadra di football dell'Università di Alabama. Un signore che ha avuto innumerevoli successi come team-coach per le squadre del Maryland, del Kentucky e del Texas A&M, e che in 25 anni vinse anche sei campionati nazionali con l'Alabama ritirandosi col record di 323 vittorie nel 1982. 
Sempre per restare in tema "fatti, non parole" cito qualcuno che qualcosa ha vinto.

Per entrambe le domande espresse sopra va valutato quanto abbiamo dato in palestra a livello
- fisico (fuori e dentro al campo)
- tecnico 
- tattico (sia come studio personale che come esecuzione degli ordini del coach)
- relazionale col resto del gruppo (fuori e dentro al campo, 24 ore su 24)

Se anche solo ad uno di questi punti rispondiamo "potevo dare di più" l'analisi è già fatta e conclusa: vincere non è cosa da tutti e per riuscire questi elementi devono essere sempre espressi al massimo.

Dando per scontato che abbiamo fatto il massimo restano due soluzioni:
1. gli altri erano più forti
2. abbiamo sbagliato qualcosa

Della prima ipotesi è inutile parlare: ammettendo che gli altri fossero più forti e che noi abbiamo dato il massimo non dovremmo avere problemi a fare un'analisi serena e molto oggettiva della sconfitta.
Se, invece, abbiamo sbagliato qualcosa bisogna capire dov'è stato l'errore.

Per capire dov'è stato l'errore bisogna confrontarsi con:
- i nostri obiettivi tecnici e tattici di inizio anno (non averne è un errore clamoroso!);
- il vincente, che, in quanto tale, probabilmente quell'errore non l'ha fatto;
- le formazioni o i giocatori che, anche se nel complesso hanno fatto peggio di noi, hanno sviluppato il singolo elemento in modo migliore.

Qual è l’apporto di una sconfitta? Una visione più precisa di noi stessi.
(EM Cioran)

Errori da non fare nell'analizzare una sconfitta:

- non ascoltare gli altri. Evangelicamente parlando: ascoltate tutto e tenete ciò che è buono!

- addossare la colpa a persone che non siamo noi: è inutile se si vuole usare la sconfitta per crescere. Non che sia sbagliato in senso assoluto. Può darsi che la problematicità maggiore venga identificata in una o più persone che non siamo noi, ma in una squadra il problema si crea e aumenta con l'interazione di tutti. Es.: potevamo spronare di più un nostro compagno o magari parlargli in maniera più diretta o meno invasiva. 

- addossare colpe solo a te stesso: non vedete tutto negativo perchè è il modo migliore per vivere la sconfitta solo come una bocciatura

- non giustificare errori personali con situazioni ambientali o a te esterne...il classico: chi vince festeggia e chi perde spiega!

- non cercare apprezzamenti esterni sul vostro operato. Cercare apprezzamenti in parenti o amici è facile tanto quanto inutile per la tua crescita personale

- non aspettare che ti venga riconosciuto qualcosa di buono seppure voi lo abbiate fatto: accettate il fatto che avete perso e che resterà solo questo fatto.


Il consiglio che mi viene da darmi dopo questi ragionamenti?
Parafrasando Francis Scott Fitzgerald:

Mai confondere una singola sconfitta con una sconfitta definitiva.

Odia la sconfitta. Riprovaci.
Analizza, sii onesto con te stesso e ricomincia a cercare nuove soluzioni perché hai un traguardo da raggiungere: questa è stata solo un'opportunità di imparare e una tappa per crescere.