lunedì 15 maggio 2017

10 km in 10 mesi: arrivederci Siena

C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge.
Allora, istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo.
Milan Kundera





Quando corro penso, rifletto, fatico e vivo. Correre è un po' una sintesi della quotidianità, ma in una sua versione più piacevole perché è il corridore (quello non professionista ovviamente!) che ha in mano le redini della situazione: può accelerare, fermarsi, cambiare strada, smettere di combattere o affrontare le vicissitudini sfidandosi in un continuo gioco con se stesso. 

Dunque permettetemi una sintesi: Deejay Ten Firenze e annata a Siena, somiglianze e differenze!

L'attesa i giorni prima della partenza. Stesse emozioni, stessi sogni e stesse domande: cosa succederà? Sarò in grado? Vincerò e raggiungerò i miei obiettivi? Farò una figuraccia? Mi troverò bene?

Poi arriva il momento...e non sei solo! Ci sono avversari e compagni con te! Ad onor del vero io solitamente corro da solo perché non trovo nessuno, nei posti in cui vivo, che sia al mio livello: spesso gli ipotetici compagni sono troppo veloci per me, altrimenti trovo gente a cui non passa proprio per la testa di sprecare tempo sudando al sole! Una situazione scomoda per divertirsi in compagnia senza esser di peso a nessuno.
Nello sport capita anche di trovare compagni con cui si gioca bene, ma che restano conoscenti. Compagni sì, compagni di viaggio no.
Senza fare nomi quest'anno ho trovato un'ottima compagna di corsa per la deejay ten e un'ottima compagnia nel volley. In entrambi i casi la conoscenza è stata approfondita nel corso dell'azione con un gran piacere personale.
Avere vicino persone con cui poter fare lo stesso cammino per raggiungere un obiettivo cambia tutto: ogni cosa diventa più leggera, seppur non più semplice!

Il primo giorno di allenamento è come l'attesa di passare sotto lo striscione della partenza: teoricamente non dovrebbe esserci particolare tensione, eppure nell'aria c'è un'emozione particolare, specifica, nuova. Qualcuno la definisce "da primo giorno di scuola". Non è proprio così semplicemente perché questo non è obbligatorio, ma è una decisione personale: portare avanti una propria scelta (anche se solo una corsa senza pretese) comporta una presa di responsabilità che, mescolandosi con l'emozione della nuova esperienza che sta per cominciare, ci offre un gusto unico. E' così ad ogni preparazione atletica. E' così sotto ogni gonfiabile con la scritta "partenza".

Partiamo. I primi passi sono sempre macchinosi, legati, emozionati e carichi: non bisogna strafare, ma nemmeno andar piano! La ricerca del giusto equilibrio è una scienza che difficilmente chi non è atleta può capire: nulla si inventa, nulla si improvvisa! Raggiungere un obiettivo comporta tempo, pazienza, errori e nuovi tentativi. Soprattutto comporta una consapevolezza: l'obiettivo non sempre si può raggiungere. Sembra una banalità questa affermazione, ma io credo sia un punto programmatico da non sottovalutare nell'iter verso il conseguimento dell'obiettivo stesso. Mi spiego meglio. Sapere che non possiamo controllare tutti gli aspetti necessari a raggiungere un risultato deve darci due vantaggi:
1. identificare cosa possiamo controllare e controllarlo!
2. non subire psicologicamente quando qualcosa che non possiamo controllare si mette tra noi e l'obiettivo. Nel volley, se l'avversario si accorge che quello che propone per bloccarti "funziona" ma non scalfisce le tue sicurezze, sarà portato a peggiorare il suo rendimento a tuo vantaggio.

La corsa dal primo al penultimo metro ha almeno 3 momenti...e così la stagione: 
1. inizio 
2. proiezioni del risultato e propositività
3. difficoltà

Dell'inizio abbiamo già parlato: è un momento in cui dobbiamo prendere le misure prevalentemente con noi stessi e porci nella situazione migliore per sviluppare l'annata...o la corsa. Si ascoltano molto le sensazioni interiori e, se tutto funziona, si vola. Se c'è qualcosa che non va si parte alla ricerca dell'equilibrio migliore.

Fase 2: proiezioni del risultato e propositività. E' quel momento in cui capisci che ci sei e che sei forte. Va assolutamente riconosciuto e analizzato: è perfettamente inutile, dopo 5 km, fare una previsione  del ritmo gara di una maratona perché tutto può accadere e le difficoltà sono dietro l'angolo. Idem per un campionato che termina con dei playoff: si può anche arrivare primi, ma non potrai mai sapere se sarai pronto quando è il momento clou finché non ci arrivi. 
Impossibile non pensare che si può vincere, anzi: io credo che non pensarlo sarebbe l'indizio che non crediamo al risultato. Attenzione: dal pensarlo e analizzarlo al darlo come verità assoluta ci passa molto! Moltissimo! Eppure questo è un errore comune.

Fase 3: Difficoltà. Quante se ne incontrano durante una corsa! E quante se ne vedono negli altri. Durante una corsa di resistenza succede più o meno di tutto e, ahimé, le ambulanze sono sempre presenti. Devo dire che tra deejay ten e annata pallavolistica le cose sono andate diversamente, ma forse perché nel primo caso l'obiettivo era divertirsi ed arrivare mentre nel secondo vincere...e vincere non è facile! Questa verità si scorda troppo facilmente.
Il percorso della corsa fiorentina è stato piacevolissimo grazie alla compagnia: se avessi corso da solo probabilmente sarei arrivato più stanco e una decina di minuti dopo. Per altre persone purtroppo non è andata così. C'è stato qualche episodio spiacevole di troppo probabilmente. Personalmente, in generale, durante altre corse mi è capitato di trovarmi da solo ad affrontare difficoltà: è questo quello che prediligo del correre! Io contro me stesso: devo ascoltarmi per andare avanti. In due è più difficile ascoltarsi ma è più facile reagire.
In una squadra se manca l'ascolto si perde. La comunicazione tra giocatori, staff tecnico, team medico e dirigenti dev'essere ricca e onesta se si vuole costruire una vittoria. Se manca l'ascolto si finisce male. Sempre. Forse in questo ambito potevamo fare meglio quest'anno pallavolistico. C'è da dire che non è un concetto facile: ascoltare significa fidarsi. Essere ascoltati implica una responsabilizzazione: la fiducia va ripagata. L'ascolto (non solo della voce, ma dell'"altro" in senso ampio) è il cuore di ogni gruppo che funziona: conoscere e riconoscere il momento negativo o positivo di chi ti sta accanto e viverlo con lui/lei è fondamentale per esaltare il valore del tuo compagno.
Farlo con gente che si conosce appena è tosta, ma se si riesce dà veramente sensazioni positive.



Arrivo. Deejay ten sopra le aspettative per me, campionato (come risultato di squadra) sotto con incredulità, ma giustamente.  
L'arrivo è da sempre il momento in cui scoppia la fatica e in cui bisogna tirare le somme. A volte sono negative, altre positive: l'importante è che ci insegnino sempre qualcosa e che ci portino sempre un gradino più avanti come persone.
A tal proposito consentitemi una piccola polemica: gioire per una sconfitta altrui è pessimo. Gli altri lo fanno? Perché abbassarsi a quel livello? Gioire per il proprio risultato anche se gli altri lo considerano infimo è da grandi.
Gioire per nuove amicizie, commuoversi per un addio, esultare per un lavoro finito o un traguardo raggiunto è qualcosa di indescrivibile.

Correre....vivere....crescere...vincere...perdere: un perpetuo divenire con l'idea che il futuro sia una sorpresa continua.

Questa storia e questi pensieri sono l'eredità che una città, i suoi abitanti che si autodefiniscono "chiusi" e un anno di volley surreale e a tratti vincente, seppur mai avvincente, mi lascia.
Persone e personaggi quasi fantastici, orgoglio delle proprie radici, reazione alle difficoltà insieme, tutti pronti a ripartire e ricominciare di nuovo.



Siena, "la più bella delle città" come dice la Verbena, il nostro, comunque vada il volley mercato, è un arrivederci.

D'altronde quando finisce una corsa si pensa subito a quale sarà il prossimo traguardo da tagliare e la prossima partenza che ci emozionerà!

Non importa quanto lentamente si va, finché non ti fermi.
Confucio

venerdì 12 maggio 2017

Volley!



[Presentandosi al colloquio di lavoro vestito da imbianchino] Sono stato seduto là fuori per mezz'ora cercando di trovare una storia per giustificare il fatto di essere venuto qui vestito in questo stato. E ho cercato di pensare a una storia in grado di dimostrare delle qualità che sono sicuro voi apprezziate qui, come l'essere volenterosi, essere precisi, avere un obiettivo, fare gioco di squadra, ma non m'è venuto niente in mente.
dal film: "La ricerca della felicità"


Divertente, facile, per tutti...il mio sport: la pallavolo!

domenica 7 maggio 2017

Mia al quadrato

C'è un'espressione che mi piace, che va oltre il senso geometrico o matematico: fare quadrato. Significa compattarsi, allinearsi, proteggersi, resistere, difendere, difendere per poter attaccare. E il bello è che il nostro campo è quadrato.
La pallavolo non è l'unico sport dove il campo sia quadrato: c'è anche il pugilato, ci sono anche gli scacchi, che sono molto più di un gioco.
E non è un caso.
Il ring […] è l'unica cosa quadrato di uno sport dove tutto il resto non quadra.
E la scacchiera è un recinto, forse una prigione, può essere paradiso o inferno, dove la mente rischia di liberarsi ma anche di fondersi, dove tra genio e follia basta una sola mossa.
[…]
La pallavolo può avere la stessa fisicità del pugilato, drammatica, e la stessa strategia degli scacchi, geniale.

Ivan Zaytsev, "Mia"




Stavolta sono partito dalla geometria e dalla biografia di un mio amico, nonché ex compagno di squadra, per i miei ragionamenti estemporanei.

Cosa spinga un giovanissimo atleta a scrivere un libro su se stesso è presto detto ed è una cosa che lo accomuna a tutti gli appassionati scrittori e lettori: il racconto e il bisogno di raccontare, di condividere se stessi e di esprimersi in qualche modo.
Cosa spinga me a scrivere del “quadrato” è un mistero che spero svelarvi man mano che leggerete. Spesso una parola chiave può aprire un mondo: a me è successo oggi!

Il rapporto tra Ivan, Pallavolo e media mi ha dato molto da pensare: credo sia una cosa che faccia bene alla pallavolo e spero che avvicini molti ragazzi e ragazze al nostro bellissimo sport.

Un mio vecchio allenatore sosteneva che la pallavolo è uno sport semplice a cui possono giocare tutti. Vero e condivisibile.
Aggiungiamo un minimo di agonismo a questo sport spesso accusato di essere una pratica da “femminucce”?
Allora lasciatemi dire che tutti possono giocarla, ma non tutti possono giocarla bene.
Quello che mi chiedo oggi è: quali abilità servono per giocare a pallavolo e come si fa a giocare meglio degli altri?!?
Facciamo un passo indietro. Gli elementi che caratterizzano ogni sport sono 3: tecnica, fisico, testa. La pallavolo non fa eccezione.

La tecnica, tranne qualche fenomeno che la possiede innata, è alla portata di tutti: nella pallavolo non ci sono movimenti naturali e, conseguentemente, tutti devono costruirla da zero. Chiarisco con un esempio il concetto del movimento non naturale: se diceste ad un bambino di fare un salto non sognerebbe mai di fare la classica rincorsa pallavolistica con lo stacco a 2 piedi quasi simultanei. Impossibile. Se diceste ad una bambina di prendere al volo un pallone non si sognerebbe assolutamente di fare un bagher....e potrei andare avanti ancora e ancora!
E il quadrato?
Platone associava il Quadrato al Quattro. Secondo il grande pensatore il Quattro si riferisce alla materializzazione delle idee...e in fondo cos'è la tecnica se non lo sviluppo personale di un movimento ideale necessario a raggiungere uno scopo?
In altre parole: tutti sappiamo cos'è un bagher, ma ognuno lo fa a modo suo o con il suo “stile”. Non solo: uno stesso atleta può compiere tanti bagher diversi tra loro perché adatta la sua tecnica alla situazione particolare.



Sul discorso “fisico” la storia è un po' diversa. Quando sento dire che la pallavolo non è uno sport fisico perché non c'è contatto mi spunta sempre un mezzo sorriso, soprattutto se parliamo di alto livello. Detto ciò, io uno scontro fisico con Zaytsev o Sokolov & Co. ve lo sconsiglio...poi fate voi!
Ad ogni modo, le caratteristiche fisiche minime per l'alto livello secondo me sono:
  • statura elevata, ad esclusione dei liberi ovviamente (ma anche qui si potrebbe aprire una discussione legata a diverse correnti di pensiero)!
  • Potenza
  • Rapidità
  • Elevazione (che potrebbe essere una conseguenza dei punti precedenti)
  • Agilità, flessibilità e buone capacità propriocettive
  • Discreta mobilità articolare
  • Buona vista
  • Ottime capacità anaerobiche
Troppe?? Beh, eccellere non è facile: è roba per pochi e serve un fisico ben definito. A tal proposito: fin dall'antichità il Quadrato rappresenta la squadratura della materia. In altre parole, la regolarizzazione di quanto per sua natura sarebbe rimasto informe e caotico. Questa figura è simbolo di definizione e di delimitazione costruita: esattamente ciò a cui deve mirare un atleta per affinare le sue capacità fisiche. Il corpo dev'essere reso funzionale all'azione se si vuole eccellere.

Testa! Qui si potrebbe aprire un mondo. La pallavolo non è altro che una partita a scacchi giocata a velocità supersoniche. Provate a fare una partita a scacchi dandovi massimo 10 secondi per ogni mossa: farete moltissime scelte sbagliate. La pallavolo è qualcosa di simile: vince chi sbaglia meno. Pensate che le azioni durano anche meno di 3 secondi! L'errore è inevitabile: se nessuno sbagliasse nulla la palla non potrebbe mai cadere.
Utopia, ma non impossibilità.



Quali caratteristiche rientrano nel concetto indefinito di “testa” necessario ad un atleta per eccellere? Io ci metterei
  • strategia
  • motivazione
  • obiettivo inteso sia in termini di prestazione che di risultato
  • sopportazione di errore e fallimento
  • concentrazione (serve sia per applicare la tecnica che la tattica)
  • capacità di estraniarsi dal contesto. Nell'alto livello è necessario sia durante le partite che quotidianamente perché, altrimenti, la pressione del giudizio altrui diventerebbe schiacciante.
Tutti questi elementi hanno un denominatore comune incredibilmente connesso ad uno dei significati legati alla figura del quadrato: la stabilità, o l'equilibrio.
Il Quadrato è una figura antidinamica, ancorata sui quattro lati, rappresenta l’arresto o l’istante isolato, cioé le idee di stagnazione, di solidificazione e di stabilizzazione.
Il quadrato sta ad indicare proprio la stabilità, la concretezza e lo spazio che noi occupiamo. Tutti noi cerchiamo la stabilità e la coerenza nelle nostre azioni. Quando ci troviamo in un luogo che non sentiamo come “nostro” e non ci da quella sensazione come di essere a “casa” proviamo smarrimento, ci guardiamo intorno con aria confusa, incapaci di prendere perfettamente il controllo della situazione. In una partita di pallavolo il controllo e l'equilibrio sono continuamente necessari e continuamente minati dall'avversario e da una serie lunghissima di situazioni psicologiche in continua evoluzione: solo una mente equilibrata e stabile può domarle ed eccellere.

Ultimo ma non meno importante, la pallavolo è uno sport di squadra: se non si fa quadrato intorno all'obiettivo nessuno potrà eccellere!

La cooperazione si basa sulla profonda convinzione che nessuno riesca ad arrivare alla meta se non ci arrivano tutti
(Virginia Burden)

Vi saluto con un consiglio personalissimo che può sembrare discordante con la frase appena scritta:
ricordatevi degli altri, preparatevi ed allenatevi per voi e per gli altri. L'”Io” è causa e conseguenza:

I risultati di un’organizzazione sono i risultati dello sforzo combinato di ciascun individuo.
(Vince Lombardi)


Ps: se non avete ancora letto "Mia" cosa aspettate a farlo?