lunedì 19 dicembre 2016

Scrittura a mano: semplice soluzione per la libertà

Esprimi il tuo pensiero in modo conciso perché sia letto, in modo chiaro perché sia capito, in modo pittoresco perché sia ricordato e, soprattutto, in modo esatto perché i lettori siano guidati dalla sua luce.
Joseph Pulitzer



In un mondo dominato da touch-screen, audio-messaggi e realtà virtuale ha ancora senso riflettere sulla scrittura manuale? La scrittura a mano ha un futuro? Bella domanda. In un mondo in cui le tastiere del computer – che solo pochi anni fa era considerato all’avanguardia – sono state ormai rese obsolete da touchscreen, audio-messaggi e realtà virtuale di sorta, ha ancora senso riflettere sulla scrittura manuale? Secondo l’Associazione Calligrafica Italiana assolutamente sì, tanto che per rispondere a questa domanda il 25 e 26 novembre 2017 è stato organizzato un convegno internazionale fitto di incontri in cui la bella scrittura sarà al centro di dibattiti e ragionamenti.

ilLibraio.it (spazio multimediale del Gruppo editoriale Mauri Spagnol)ha chiesto a Benedetto Vertecchi, professore ordinario di Pedagogia presso l’Università Roma Tre, di anticipare i temi che affronterà sabato 26 novembre alle ore 11:45. La conferenza dal titolo “Scrivere a mano: il segno del pensiero” vuole indagare le conseguenze sullo sviluppo infantile causate dalla sostituzione della scrittura manuale con quella digitale. Di seguito i passaggi dell'intervista.

In che modo, secondo gli studi da lei considerati, la scrittura digitale influisce nello sviluppo mentale, nelle capacità di coordinamento percettivo-motorio e sulla memoria dei bambini?
“Da alcuni anni molti insegnanti mi venivano segnalando la crescente difficoltà dei loro allievi a usare il linguaggio scritto. Del resto, avevo potuto rendermi conto di tali difficoltà anche osservando in che modo scrivevano i miei studenti all’università: il corsivo in molti casi era sostituito dal maiuscoletto o dallo stampatello, i caratteri apparivano incerti e disallineati, il modo di impugnare la penna richiamava più quello necessario a maneggiare una clava che quello che consentiva il controllo dello strumento usato per produrre il segno. Se non mi stupiva la segnalazione della difficoltà, mi lasciava tuttavia perplesso che la caduta del corsivo intervenisse così precocemente nel percorso scolastico. Non mi sarei sorpreso di sapere che la capacità di scrivere a mano stesse regredendo nelle scuole secondarie, ma non avrei immaginato che si manifestasse già nella scuola elementare. Per cercare di capire che cosa stesse avvenendo, e quali conseguenze ne derivassero per gli allievi, ho elaborato un progetto di esperimento, che il Laboratorio di Pedagogia sperimentale dell’Università Roma Tre ha fatto proprio e ha sviluppato con la collaborazione di due scuole della cintura urbana”.
Com’è andata?
“L’ipotesi che si voleva verificare era che per conservare e accrescere la capacità di scrivere occorreva esercitare la scrittura con continuità. Riprendendo una massima ricavata da Plinio il Vecchio (‘Nulla dies sine linea’, che ha anche dato il nome all’esperimento), ho chiesto agli insegnanti di impegnare i loro alunni in attività di scrittura quotidiana. Si trattava di chiedere agli allievi di terza, quarta e quinta elementare di scrivere, rispettivamente, brevi testi di quattro, cinque o sei righe sulla base di stimoli accuratamente studiati per consentire una produzione verbale non condizionata da stereotipi di comportamento scolastico o da riferimenti valoriali. I bambini dovevano sentirsi liberi di scrivere, sapendo che nessuno avrebbe valutato i loro testi. Si chiedeva loro di scrivere soltanto a mano, ma senza spingerli a farlo in corsivo. Nel complesso, il tempo richiesto per svolgere questa attività era di un quarto d’ora ogni giorno. L’esperimento si è protratto per circa tre mesi e mezzo e ha coinvolto poco meno di quattrocento bambini: si può trovare la descrizione della procedura seguita nel volume I bambini e la scrittura, pubblicato in settembre da Angeli”.
Quali sono stati i risultati?
“È stato possibile raccogliere circa 28.000 documenti, ordinati in serie diacroniche, dai quali ci si può rendere conto dei cambiamenti che intervengono attraverso una pratica costante della scrittura manuale: si tratta di cambiamenti che riguardano sia la qualità dei segni tracciati, sia quella dei testi prodotti. Per quanto nessuno abbia spinto i bambini a modificare il loro comportamento, nel succedersi delle settimane si poteva osservare non solo il progressivo miglioramento nella qualità grafica dei documenti prodotti, ma anche una maggiore appropriatezza ortografica e una più accurata selezione del lessico. I risultati ottenuti sono del tutto coerenti con le indicazioni che da tempo si ricavano da un gran numero di ricerche sullo sviluppo mentale dei bambini, in particolare per ciò che riguarda il coordinamento percettivo-motorio, l’esercizio e il potenziamento della memoria. Sono ricerche che fanno capo non solo alla pedagogia e alla didattica, ma a molti altri settori della conoscenza: quello della scrittura si presenta oggi come un terreno d’indagine fortemente interdisciplinare.”



Nella presentazione del suo intervento al convegno si legge: “La scrittura è una soluzione semplice […]. È proprio questa semplicità che conferisce il massimo di libertà al pensiero di chi scrive”. Potrebbe spiegare più ampiamente tale affermazione, concentrandosi, in particolare, su come secondo lei la scrittura manuale possa garantire più libertà a chi scrive rispetto a un mezzo digitale?
“Nel Vangelo di San Giovanni leggiamo che ‘Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra’ (8, 3-6). Non sappiamo che cosa abbia scritto, ma conosciamo il contesto: quello riferito è l’episodio dell’adultera, nei cui confronti gli scribi e i farisei mostravano il loro sdegno. Lasciamo che altri approfondiscano l’episodio da un punto di vista religioso. Quel che ci interessa rilevare è che Gesù non ha avuto bisogno di nulla per scrivere, neanche di un supporto specifico, dal momento che ha scritto nella polvere, o di uno strumento adatto a tracciare segni, visto che ha usato un dito. Quel che ricaviamo è che la libertà di scrivere si collega direttamente alla possibilità di farlo senza dover ricorrere a soluzioni strumentali complesse. Tutto sommato, scrivere sulla carta con la penna è quanto di più simile al modo in cui Gesù ha replicato alle accuse degli scribi e dei farisei. Il complicarsi della produzione del segno condiziona inevitabilmente la produzione del testo. Se usiamo, come oggi spesso avviene, un dispositivo digitale, non possiamo fare a meno di disporre di energia elettrica, di una mediazione strumentale che interrompe la continuità del controllo di chi scrive sul testo, e che in molti casi lo modifica o lo condiziona al di là di quanto si vorrebbe”.

La libertà vive nelle semplici espressioni di sé stessi.

venerdì 16 dicembre 2016

Allenare le abilità mentali per realizzare le proprie potenzialità

Lavora ogni giorno sui tuoi pensieri piuttosto che concentrarti sui tuoi comportamenti. È il tuo pensiero che crea i tuoi sentimenti, e, alla fine, anche le tue azioni.  
Wayne W. Dyer 



Pallavolo e trail running, due mondi apparentemente inconciliabili: uno sport aerobico, di resistenza, contro una disciplina anaerobica e con movimenti di massima potenza racchiusi in pochi secondi. Eppure la pratica dell'una mi ha aiutato a sviluppare abilità per l'altra e viceversa.
Quando si pratica sport è importante allenare il proprio corpo, ma altrettanto indispensabile è avere una mente forte, lucida e piena di risorse per poter sopperire alle difficoltà che si possono presentare durante la gara. Un numero sempre maggiore di atleti, agonisti e non, rivolge la propria attenzione all’allenamento mentale per completare ed accompagnare i tradizionali metodi di allenamento fisico. Se nell’allenamento fisico si ripetono dei carichi di lavoro al fine di provocare cambiamenti strutturali e biochimici nella fibra muscolare, nell’allenamento mentale si ripetono stimoli di natura emotiva, cognitiva ed ideomotoria al fine di sviluppare le abilità mentali specifiche per aumentare il rendimento e ottimizzare la prestazione.
A tal proposito, riporto la definizione che Martens (1987) dà della preparazione mentale:

l’allenamento mentale  viene prima di tutto inteso come educazione, informazione da dare all’atleta riguardo alle sue abilità, a come queste agiscono ed influenzano la prestazione; successivamente come  la definizione di programmi strutturati al fine di potenziarle, ed infine, come allenamento ed applicazione nelle varie situazioni.

Ma quali sono le abilità mentali che un atleta deve sviluppare?


  • Controllo dei processi attentivi: equivale all’abilità di restare focalizzati sul “qui ed ora” e non distrarsi dall’obiettivo.
  • Controllo dello stato di attivazione (arousal): l’attivazione psico-fisiologica dell’organismo, ad un livello troppo basso (ipo attivazione) si traduce in poca energia, stanchezza, motivazione vacillante…insomma in un’atleta “scarico”,  mentre, al contrario un livello troppo alto equivale a uno stato di agitazione eccessiva, sudorazione, tensione muscolare che non agevolano la prestazione. 
  • Gestione dello stress e dell’ansia (pre-post gara), fattori che generalmente si innalzano quando l’atleta valuta di non avere le capacità adeguate per rispondere alle richieste del compito.
  • Controllo delle attività immaginative (imagery): attraverso lo sviluppo e l’allenamento di tali abilità, l’atleta può usare immagini mentali per anticipare, rivedere e correggere la propria prestazione. Attraverso il riviversi mentalmente lo sportivo può consolidare e perfezionare un determinato gesto tecnico, può abituarsi a tollerare momenti stressanti, a prepararsi a situazioni che potranno verificarsi in gara; le immagini mentali sono uno strumento molto potente ed efficace se usate nel modo corretto perché orientano la mente verso una direzione.

Questa abilità in particolare è fondamentale nell'esecuzione di un qualsiasi gesto tecnico nella pallavolo: “rivedere” il gesto prima di compierlo produce input positivi che spesso si manifestano in un'esecuzione tecnica se non corretta quanto meno efficace. Riportarla nel trail running, invece, è utile, per esempio, quando si è stanchi ma il traguardo è lontano: immaginare il gesto tecnico aiuta ad ottimizzarlo. Inutile sottolineare come un gesto ben eseguito produca un risparmio energetico oltre che una spinta migliore...due risultati non da poco per un corridore in difficoltà!

  • Formulazione degli obiettivi (goal setting): sapere dove vogliamo andare e individuare il risultato da raggiungere sono aspetti che consentono ad un atleta di sentirsi motivato a non mollare neanche di fronte alle difficoltà
Su questo vorrei fare una considerazione estemporanea. Il bravo allenatore sa dare obiettivi stimolanti ma raggiungibili al proprio atleta: una pessima taratura del risultato da raggiungere produce frustrazione e stress aggiuntivi e, conseguentemente, fa crollare le prestazioni.



  • Il controllo dei pensieri (self talk): ciascuno di noi comunica con il suo mondo interno, tra sé e sé attraverso pensieri, commenti, sentimenti, immagini, emozioni e auto-istruzioni; questo è ciò che definisce il dialogo interno. Per qualsiasi persona, ma a maggior ragione per un atleta, sono molto importanti il “cosa si dice” ed il “come se lo dice”; una buona gestione del proprio dialogo interno ed un controllo efficace dei propri pensieri può essere di grande aiuto per raggiungere i risultati desiderati.




Nel trail running, come in un qualsiasi sport di resistenza, un'adeguata padronanza delle abilità sopra elencate permette all’atleta di potenziare la capacità di gestione allo stress, capacità di affrontare la fatica ed il dolore, capacità di gestire l’ansia pre-gara e quella in gara.
Nella pallavolo il controllo mentale e la gestione dello stress migliorano l'esecuzione tecnica e potenziano le capacità attentive necessarie ad un ottimale sviluppo della tattica e del sistema di movimento/gioco di squadra.

L’allenamento delle abilità mentali non ha l’obiettivo di trasformare l’uomo in un campione perfetto, bensì, quello di analizzare i suoi bisogni, le sue aspettative, le sue motivazioni, aumentare la conoscenza di sè, la sua autostima per condurlo alla piena realizzazione delle proprie potenzialità in tutti i campi della vita, non solo in quello sportivo.


Il presente post fa riferimento all'articolo "le abilità mentali nel trail running" di Valeria Varello, Psicologa dello sport & Psicologa del lavoro e delle organizzazioni

Borrowed time

La cosa più preziosa che puoi ricevere da chi ami è il suo tempo.
Non sono le parole, non sono i fiori, i regali. È il tempo.
Perché quello non torna indietro e quello che ha dato a te è solo tuo, non importa se è stata un’ora o una vita.
David Grossman




Un corto pixar non per  tutti

venerdì 18 novembre 2016

Repost: Fermare il tempo e godersi la vita

Nella teoria della relatività non esiste un unico tempo assoluto, ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo, che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo.
(Stephen Hawking)


Vi voglio riportare un articolo che mi ha incuriosito molto e fatto ragionare dal titolo "Fermare il tempo e godersi la vita" scritto da Daniel Bulla, allenatore professionista specializzato in Leadership & Behavioral Economics incrociata casualmente su LinkedIn.

Qui di seguito il testo:

Non so tu, ma io non riesco davvero a fare tutto. Le giornate sono sempre troppo brevi rispetto alla mia lunga to-do list, quella sorta di bestia mitologica che, chissà come, si autoalimenta ogni giorno ingrandendosi a dismisura. Per qualcuno questo fenomeno rappresenta una faccenda positiva: il tempo passa velocemente, e subito arriva la sera. Ma per molte altre persone, e io sono tra queste, non sempre risulta piacevole accorgersi che il tempo è passato, la settimana è già finita e sei diventato un po' più vecchio.

"Sembra ieri che abbiamo incontrato Beppe, e invece sono già passati dieci giorni".

Settimane corte, fiato corto. Per quanto tiri sai, però, che la coperta è corta, dice Ligabue.

La consapevolezza del trascorrere continuo del tempo a qualcuno piace, ad altri no. Ai primi piace forse perchè non amano fondamentalmente quello che fanno (o meglio, che sono costretti a fare)? E perchè gli altri, quelli del secondo gruppo, sembrano così innamorati della loro vita al punto da non sopportare il trascorrere del tempo?

Panta rei.

Tutto scorre, dal greco πάντα ῥεῖ. Celebre affermazione attribuita ad Eraclito di Efeso (535 a.C. - 475 a.C.), il filosofo definito "l'oscuro" da Aristotele, per via del suo modo criptico di esporre idee e considerazioni. La realtà è mobile, cambia in continuazione, e gli uomini non possono sperimentare due volte lo stesso fenomeno. Panta rei, appunto, tutto scorre. Per spiegare questo passaggio Eraclito ricorre ad una metafora meravigliosa, talmente bella da attirare l'attenzione di Platone, che gli dedica alcune righe del suo Cratilo. Ebbene, Eraclito spiega il continuo trascorrere della realtà con la metafora del fiume:

Non si può discendere due volte nel medesimo fiume.

Siamo sottoposti ad una legge inesorabile, che ci impedisce di fare due esperienze identiche a causa dello scorrere del tempo, così come risulta impossibile toccare per due volte la medesima acqua del fiume.

Pensa che il concetto del divenire, inteso come cambiamento continuo, mutamento, è uno degli argomenti più dibattuti nella Filosofia. Da una parte ci sono i "dinamici", come Eraclito, e dall'altra gli "statici", come Parmenide di Elea, grande oppositore delle tesi dei "dinamici". Secondo Parmenide il divenire crea solo una grande confusione, meglio quindi adottare una posizione ferma, razionale e decisa:

Ciò che è...è.
Ciò che non è...non è.

Punto. Non ci sono vie di mezzo. O esisti o non esisti. Chi Diavolo ha inventato questa fandonia dell'essere umano che viene creato dal nulla e poi si trasforma in nulla, chiedono gli Eleati.

Fortunatamente Eraclito e Parmenide non frequentavano la stessa osteria, altrimenti sarebbero state legnate, soprattutto dopo una scodella di rosso.

Ma chi ha ragione, alla fine? Meglio l'Essere (Parmenide) o il Divenire (Eraclito)?

Il tempo non esiste.

Da Einstein a Carlo Rovelli, molti fisici sostengono che il tempo sia un'illusione, per quanto "tenace". Ma già il buon vecchio Aurelio Agostino d'Ippona, conosciuto semplicemente come S. Agostino, nel IV secolo dopo Cristo affermava:

Il tempo? Se non me lo chiedi so cos’è. Ma se me lo chiedi non lo so più

In effetti, se ci pensi, è piuttosto complicato dare una definizione semplice di "Tempo". Non lo vedi, non lo senti, non lo odori, non lo tocchi e non sai che sapore ha. I tuoi 5 sensi non riescono ad intercettarlo. C'è bisogno di un oggetto per catturare il Tempo attraverso i sensi:

Vista: vedi le lancette di un orologio
Udito: senti il ticchettio delle lancette, o il sonar delle campane
Olfatto: l'odore di un cibo avariato svela il trascorrere del tempo
Tatto: tastando la superficie del pomodoro senti che i tempi sono maturi, ora puoi raccoglierlo
Gusto: quando senti in bocca il tannino smussato di un Sagrantino imbottigliato 20 anni fa (e, commosso, ringrazi l'inventore della bottiglia, quello del tappo di sughero e soprattutto quello del cavatappi).
Ti sei accorto, immagino, che del Tempo possiamo captare solo il trascorrere, ovvero il manifestarsi del Presente rispetto ad un Passato.

Manca un pezzo.

Hai capito bene, manca il Futuro. Ma eccolo che, subdolamente, emerge sotto forma di to-do list, la lista delle cose che dovrò fare, alcune delle quali dovranno aspettare, perchè non c'è Tempo.

Il Futuro, dei tre, è il più subdolo, quello che alimenta maggiormente le nostre illusioni sul Tempo: siamo sicuri del nostro Passato e del nostro Presente. Il Futuro potrebbe non esserci, è incerto. Ma com'è allora che viviamo puntando tutto su una cosa che potrebbe non arrivare mai? Una vita basata sull'investimento incerto nel Futuro: bella roba.


Pensa un attimo a come usi la fotocamera del tuo cellulare: nella maggioranza dei casi, che tu sia in spiaggia, ad un concerto, di fronte ad una chiesa o sopra una torta con 40 candeline accese in tuo onore pronte per essere spente, senti il bisogno di immortalare il momento presente con una bella fotografia, che guarderai più avanti. Fotografi il Presente per fermarlo, e per rivedertelo con calma più tardi. E per poter fare questa super stronzata hai anche speso 800 euro da Mediaworld.

Fantastico.

"Passami un attimo il cellulare", urli mentre tutti attendono l'imponenza di un soffio degno di Poseidone per spegnere quelle maledette candeline. Ognuno con in mano i propri 800 euro, pronto a scattare la foto da un'angolatura differente.

Sei riuscito a fermare il tempo, ma alla fine lui si prenderà nuovamente gioco di te. Il Supremo Illusionista ti farà scordare di avere quelle decine di foto sul cellulare, che però scaricherai, per sicurezza, sul tuo PC (si sa mai) alla fine per non rivederle mai più.

Come si ferma il tempo?

Il tempo si ferma da solo, non ha bisogno di essere bloccato da un essere umano. Basta aprire gli occhi sulla sua manifestazione attuale, ovvero il Presente.

Per goderti la vita goditi una cosa del tuo presente ogni giorno. Devi solo imparare a sceglierla. Vuoi un consiglio?

Quando pensi ad una delle vacanze più belle probabilmente il tuo cervello ti spedisce una mail con una bella "foto" allegata: tu che ti fermi e guardi il panorama (qualsiasi esso sia). Sei lì, davanti al Golfo dei Poeti, mentre osservi la linea dell'orizzonte che si colora di tinte arancio e rosa. E sospiri. Ah che meraviglia: è indimenticabile, pensi con la faccia da babbeo.

Quella volta hai fermato il tempo: la fotografia l'ha fatta il tuo cervello, l'ha conservata per te e te la rispedisce quando la chiedi. Si, forse un po' sbiadita, ma va bene così. Sai come ci è riuscito il cervello? Grazie al tempo che tu gli hai dedicato. Quello che invece non fai quando scatti un milione di pics col telefono, per non perdere tempo.

Dedica tempo al tuo cervello e cambia la tua vita.

Puoi "fermare" il tempo ogni giorno: devi iniziare fermando te stesso e contemplando una cosa della tua vita come fosse il panorama di Capocaccia al tramonto. Bastano 3 minuti di orologio (...). Devi solo scegliere un oggetto e un momento in cui nessuno ti possa disturbare: ti fermi, osservi, contempli. Si chiama mindfulness.

Io tutte le sere guardo i miei bimbi mentre fanno la nanna, uno dei più bei panorami esistenti al mondo: mi metto lì e li osservo con calma, i loro visi, gli occhi chiusi, il respiro regolare, dando tempo al mio cervello di consolidare l'immagine. Mi servirà tra qualche anno, ne sono certo.

venerdì 11 novembre 2016

Trail running: qualcosa in più di una corsa

La meravigliosa ricchezza dell'esperienza umana perderebbe qualcosa della gratificante gioia che dà se non ci fossero limitazioni da superare. Il momento del raggiungimento della vetta sarebbe enormemente meno meraviglioso se non ci fossero vallate buie da attraversare.
Helen Keller, My Religion


Jesse Owens diceva una cosa che anch'io credo: "Ho sempre amato correre, è qualcosa che puoi fare da solo, unicamente grazie alla tua volontà. Puoi andare in qualsiasi direzione, correre lento o veloce, o contro vento se ne hai voglia, scoprire nuovi luoghi usando solo la forza dei tuoi piedi ed il coraggio dei tuoi polmoni".
Correre è un'esperienza...correre un trail running è qualcosa di più.

Obiettivo del prossimo anno nel mirino: marcia e maratona del montegrappa: 23 luglio 2017...32 o 42 km: ce la farò a spostare ancora un po' il mio attuale limite? 


mercoledì 19 ottobre 2016

Vincere: la palestra della mente

Il nostro inconscio non conosce negazioni come "non" o "nessuno". Esempio: ‘non’ immaginatevi un elefante a puntini rosa. Per ‘non’ immaginare una cosa, prima occorre immaginarsela, e poi negarla. In questo modo però tenete occupato il vostro inconscio con una cosa che in realtà non volete. Per rendere più facile il lavoro di trasformazione su di voi, concentratevi invece solo su ‘quello che volete effettivamente ’. Perciò date al vostro inconscio un compito chiaro di che occuparsi. Evitate ‘formulazioni ' negative ’ (come: - Non vorrei essere più così teso e nervoso. - Non voglio più mangiare tanto!). Utilizzate invece ‘formulazioni positive ’ (come: - Vorrei imparare a organizzarmi meglio per avere ogni tanto un po’ di tempo per me e potermi rilassare. - Da oggi comprerò degli alimenti diversi, e per sentirmi meglio farò un pasto al giorno solo a base di verdura, insalata e frutta.)

Roderich Heinze, Sabine Vohmann Heinze, "PNL. Programmazione neurolinguistica"


Durante un corso di formazione per allenatori il relatore ci stava illustrando diverse filosofie di allenamento di varie aree del mondo. Mi ha colpito particolarmente un concetto della scuola statunitense che ci ha riportato e che suonava più o meno così: in USA allenano per la maggior parte del tempo quello che i giocatori sanno fare bene perché, in questo modo, creano una mentalità positiva che facilita tutti quando bisogna correggere le cose che vengono meno bene. Se funziona o meno non saprei, ma bisogna dire che il modello USA produce un numero esagerato di buoni giocatori utilizzando un approccio all'allenare e alla vita dei giovani studenti/sportivi che, da italiano, invidio molto.

Mi soffermerei su 2 parole per spiegare meglio i miei pensieri: "mentalità" e "testa".

Partiamo da ciò che si definisce "testa", cioè l'intelligenza. Chiaramente si parla di intelligenza sportiva, ma personalmente credo che la mente, anche in generale, vada allenata quotidianamente. Quale palestra migliore di una scuola? 
Troppo facile il confronto Italia/USA su questo punto: mi sento quasi banale a scriverlo, ma correrò il rischio di esserlo.
In Italia se sei un giovane sportivo devi scegliere se studiare o giocare: da entrambi i lati i professori piuttosto che gli allenatori ti invitano a scegliere una sola cosa e concentrarti su di essa. USA?? Se non vai bene a scuola non avanzi nello sport oppure se fai bene lo sport puoi studiare in un buon college...sempre a patto che per lo sport non trascuri lo studio. 

Riporto un articolo in cui si parla del rapporto tra studio e sport o, per meglio dire, del rapporto tra agilità fisica ed agilità mentale: 


"Un recente studio dimostra che i ragazzi che sono ben allenati e danno buone prestazioni, specie negli sport all'aria aperta, hanno un peso corporeo adeguato all'età e rispondono meglio ai test standard per le funzioni della memoria e dell’apprendimento.
Nello studio sono stati coinvolti circa 2.000 ragazzini delle scuole primarie di Los Angeles ai quali si chiedeva di percorre una corsa di 1 chilometro e mezzo, e successivamente di rispondere ad alcuni test d’intelligenza standardizzati secondo l’età ed il livello socioculturale.
Ebbene, si è visto che i ragazzini che avevano impiegato meno tempo per la corsa, poiché erano allenati al movimento, erano in grado di dare anche i migliori risultati ai test d’intelligenza e cultura.
[....]
E' stato  condotto uno studio dinamico per verificare, in vivo, lo sviluppo del cervello umano sfruttando le enormi potenzialità della risonanza magnetica.
In particolare si sono concentrati sull'età evolutiva, esaminando un piccolo gruppo di bambini e adolescenti sani, dai 4 ai 21 anni, che hanno sottoposto a risonanza magnetica ogni 2 anni per 10 anni.
In questo modo hanno potuto osservare con precisione l’evoluzione della corteccia cerebrale dall'infanzia alla maturità, dimostrando come la maturazione del cervello si associ a un arricchimento dei circuiti neuronali che sono stati più utilizzati in età evolutiva e all'eliminazione di quelli che non lo sono stati.
Ed ecco che la connessione tra attività fisica e funzioni cognitive (intelligenza, memoria e conoscenza) si fa più chiara.
In pratica, l’attività fisica sarebbe in grado di “stimolare l’intelligenza” attivando nuovi circuiti neuronali su cui successivamente si svilupperanno capacità intellettuali diverse e superiori.
In termini più semplici: con lo sport praticato regolarmente, più sangue arriva al cervello, più neuroni nuovi rimarranno attivi e a disposizione delle funzioni intellettive più elevate che richiedono concentrazione e ragionamento."

A che serve l'intelligenza?? A pensare! Impossibile giocare senza pensare. Impossibile giocare per vincere senza pensare positivo.
Questo lo spiega meglio il seguente lunghissimo estratto dell'articolo di Giulia Momoli che potrete trovare su uno dei blog del sito www.volleyball.it.

Per chi non la conoscesse Giulia Momoli è una pallavolista italiana, ma soprattutto una beacher di altissimo livello internazionale che ora si sta dedicando al Coaching. Possiamo quindi affermare che le esperienze che ora sta studiando sicuramente le ha vissute in campo: sa di quali situazioni parla per intenderci!
Ecco l'articolo di cui vi accennavo sopra:

"Hai mai messo l’attenzione sulle parole che dici mentre ti stai allenando e mentre giochi una partita?

Pensa ad alcune delle situazioni che ti capitano: ad esempio al pallone che può fare la differenza nel set, ad un gesto tecnico che stai migliorando a fatica, all'allenatore che ti fa entrare in campo dalla panchina per un cambio in un momento delicato.

Quali sono i pensieri che hai in quei momenti? Come parli a te stesso? In modo potenziante e positivo, oppure in modo negativo? Ti supporti, o mini la tua autostima? Comunichi certezza o crei dubbi?

Le parole che diciamo a voce alta e mentalmente rivolgendoci a noi stessi hanno un potere straordinario: imparando a gestirle possiamo diventare straordinariamente più efficaci.

Sono certa che ti sarà capitato di sentire i tuoi compagni o altri atleti che durante una partita si fanno i complimenti o si criticano aspramente. Ciascuno di noi parla con sé stesso. Hai presente la vocina interna che hai in testa e che nel momento clou ti dice "Non devo sbagliare, non devo sbagliare, non devo sbagliare!” Quella vocina è il nostro dialogo interno. Quando pensiamo, è come se stessimo chiacchierando con noi stessi: ci rivolgiamo delle domande, ci incoraggiamo, ci sgridiamo! La nostra mente pensa in continuazione e noi dialoghiamo con noi stessi.

In ogni momento della nostra vita, la qualità del nostro dialogo interno determina la qualità dei risultati che otterremo con le nostre azioni. Il dialogo interno agisce sulla concentrazione, influenza la motivazione, potenzia o demolisce la fiducia, quindi puoi intuire quanto sia importante formularlo nel modo giusto.

A proposito di quel famosissimo “non sbagliare” che riecheggia, oltre che nella nostra testa, anche nelle palestre e nei campi da beach, ti voglio dimostrare l’effetto di quella singola parola, il “non”, spiegandoti come funziona la nostra mente.

Semplificando, il cervello ad un primo stadio di pensiero, non elabora le informazioni espresse sotto forma di negazione.

La nostra mente non è capace di elaborare (ad un primo livello), la parola NON perché è un costrutto linguistico, è un concetto. Poi interviene la parte razionale che comprende "Ah ok, quella cosa non la vuoi!", ma nel frattempo la frittata è fatta perché nel nostro cervello abbiamo creato delle immagini che richiamano esattamente la cosa che non vogliamo. Quando immagini di non voler sbagliare la prossima azione, qualunque essa sia, e come prima immagine compare proprio l'azione sbagliata... è un autogol!

Ti faccio un esempio: se ti chiedo di immaginare davanti a te una quercia rigogliosa, molto grande, bella, verde... e ti dico di non immaginare una piccola scimmietta che volteggia tra i suoi rami, non immaginare una scimmietta di quelle con il culetto rosa che si diverte tra un ramo e l’altro... a cosa stai pensando? Alla scimmietta non è vero?
[...]
Come va? Ok ne faccio una facile: non pensare al numero civico di casa tua!

Mi fermo qui, so che hai compreso esattamente lo schema: per esaudire la mia richiesta di non pensare a qualcosa, devi prima pensarla! E quando quell'immagine è nella tua mente, è troppo tardi perché il cervello tende a realizzarla. Ora comprendi quale fregatura c’è dietro alla frase "Non devo/devi sbagliare!"?

Troppo spesso l’atleta ha più chiaro che cosa non vuole o non vuole più, piuttosto di quello che vuole. La mente, per attingere a tutte le risorse ha bisogno di indicazioni chiare, univoche, specifiche: se una persona non sa cosa vuole e non sa dove andare, ma sa solo dove non vuole andare o cosa non vuole ottenere… beh finisce esattamente lì!

Quando impari a prendere il controllo di quello che pensi e di quello che anticipi mentalmente, fai la differenza! Quindi pochi semplici passi:

1. Concentrati su ciò che vuoi, sul risultato che desideri ottenere, sulla prestazione, il gesto che vuoi fare. Lascia perdere ciò che non vuoi!

2. Invece di "non devo sbagliare", allenati a dire "batti in zona 1", "eseguo la battuta perfetta", "faccio ace", "attacco con il braccio esteso", "attacca lungo", "stacca le braccia dal corpo in ricezione"...

3. Se ti capita di visualizzare l’errore, tranquillo, prendine il controllo: rimpicciolisci mentalmente l’immagine, allontanala e poi concentrati nuovamente su quello che vuoi realizzare.

4. Allenati a fare questo processo frequentemente, fallo diventare un'abitudine, in modo che il tuo inconscio capisca che vuoi ripetere il gesto tecnico corretto, che vuoi avere la sensazione di certezza nei momenti topici, che desideri essere lucido e chiaro su quello che vuoi raggiungere."


Chiuderei questo lunghissimo post(almeno per i miei standard) con una frase di Lao Tzu:

Colui che vince gli altri è potente, chi vince sé stesso è forte.
Lao Tzu, "Tao Te Ching"

sabato 8 ottobre 2016

Mediocri vincenti

Coloro che sanno vincere sono molto più numerosi di quelli che sanno fare buon uso della loro vittoria.
(Polibio)



Di solito non vado ad indagare su cose da cui sono così lontano, però leggere questo articolo, che vi riporto senza tagli qui sotto, qualche spunto di riflessione(e un po' di nervosismo)me lo ha regalato.

L'articolo lo potete trovare anche a questo link: affaritaliani e romani , ma qui di seguito c'è il testo completo:
"Olimpiadi, No senza sapere: “Sindaco Raggi, mi vergogno di essere romana”
La rabbia di Monica Lucarelli. Lettera a Raggi: “Ha vinto la politica spicciola”

No alle Olimpiadi e tra i membri del Comitato Roma 2024, esplode la rabbia. Una lettera accorata di una madre, di una donna che ha lavorato per un anno e mezzo alla candidatura di Roma, diventa un atto d'accusa contro la scelta del Movimento Cinque Stelle e del sindaco Virginia Raggi, definiti espressione "dei mediocri che sono vincenti". La firma Monica Lucarelli, responsabile del programma Education e Sociale di Roma 2024. Da leggere.

Cara Sindaca #Raggi,
Siamo due donne, entrambi madri e romane. Le scrivo per dirle che sono triste e delusa. Vedo un anno e mezzo di lavoro di tanta gente buttata nel cesso da chi non è in grado nemmeno di capire un progetto.
Sono arrabbiata perché mi siedo con i miei figli e non riesco a trovare le parole per spiegargli come mai qualcuno è arrivato a spegnere un sogno perché si è arreso prima ancora di cominciare. Per incapacità, per mancanza di visione, per scarsa forza.

Ho sempre pensato che se credi nella forza dei tuoi sogni, se ti impegni, se insegui il merito, se combatti con il cuore aperto, allora puoi vincere la battaglia contro l'inettitudine e la pochezza di questo mondo. E invece ancora una volta la vita mi dimostra che i mediocri ne escono vincenti.
Se non avessi affrontato questa sfida, se non avessi lottato e sognato insieme ai miei compagni di avventura, se non avessi toccato con mano l'energia, la professionalità, l'entusiasmo, la determinazione di ognuno di noi, allora avrei potuto forse avere almeno un dubbio.
Ma invece dubbi non ne ho! So che progetto importante stavamo costruendo. So quanto avremmo potuto migliorare la nostra città. So quanti progetti sociali avremmo potuto fare. Ho visto l'entusiasmo negli occhi dei giovani che hanno collaborato con noi. Quanti studenti, quanti startupper, quanti universitari si erano messi a disposizione.

Tutto finito. E la cosa più triste ...senza una, dico una, sola critica al progetto.
E non si tratta solo di perdere il lavoro, si tratta del fatto che qualcuno ha accartocciato i tuoi sogni senza nemmeno spiegarti perché. Tutto, ancora una volta, affogato nelle menzogne e nelle frasi fatte, nella politica spicciola che non lascia spazio al pensiero e alla costruzione di futuro.
Non erano "solo" le #Olimpiadi, cara Sindaca @VirginiaRaggi, era la possibilità di avere un progetto a otto anni. Non erano le olimpiadi del mattone, erano le olimpiadi della sostenibilità. Ma che ne può sapere se né lei né la sua squadra ha avuto la volontà e l'onestà di leggere una sola riga del progetto.

Ma sa quante scuole avremmo coinvolto? Sa quanti giovani avevano iniziato e avrebbero continuato a fare stage e percorsi di alternanza scuola-lavoro con noi? Sa in quante scuole siamo andati e in quante saremmo andati con gli atleti Paralimpici per parlare di integrazione, inclusione, coinvolgimento sociale ?
Non lo sa, perché la scelta è stata politica, dettata da preclusioni aprioristiche.
Beh, mi vergogno oggi, per la prima volta, di essere romana e italiana. Dopo tanto orgoglio provato a Rio de Janeiro con i nostri atleti, oggi mi vergogno di appartenere ad un Paese che si è arreso.
E non mi venga a parlare di corruzione. Perché mi creda, lo so per esperienza, si può gestire la cosa pubblica in onestà e trasparenza. Costa fatica, tanta fatica. Ma si può fare ed io l'ho fatto in passato senza per questo rinunciare a sognare.

A me non resta che guardare per il futuro mio e dei miei tre figli oltre frontiera. Ai romani la tristezza di rimanere in una città, che potrebbe essere il centro del mondo, oramai malinconica e abbandonata alla sua parabola discendente.
Sono triste, davvero molto triste. Spero di trovare presto la forza di arrabbiarmi per cominciare nuovamente a lottare per i miei sogni.

Monica Lucarelli"

Come ha detto un mio amico padre di famiglia: se non vedo futuro e opere ben fatte tra 8 anni di gestione ....



...concludo io? Vuol dire che non possiamo contare più nemmeno sulla speranza.
Vuol dire che gli italiani non sono in grado di fare nulla...che tanto siamo solo ladri...


Al di là dell'evento olimpico in sé, MA UN PO' DI ORGOGLIO PERSONALE QUANDO LO TIRIAMO FUORI?

giovedì 29 settembre 2016

La costruzione del consenso [repost]


Il successo è una conseguenza, non un obiettivo
Gustave Flaubert



Questo post era apparso, pur se in forma un po’ diversa, sul blog “Crisi e sviluppo” di Manageritalia. Credo che sia molto interessante e chiaro, inoltre, segue ed è complementare al mio precedente post la ricetta dei campioni . Questi sono i motivi per cui ho voluto riproporlo anch'io sul mio blog.

Let's start:

"Forse, a chi si intende di questi temi, la semplificazione potrà sembrare  eccessiva. La propongo comunque.
Fondamentalmente, i modi per creare consenso e coesione (in un gruppo, in un’organizzazione, ma anche in un intero Paese) sono due: affidarsi alla logica amico-nemico, oppure costruire e comunicare un progetto credibile e convincente.
Nel primo caso l’impalcatura del consenso si regge su un messaggio: là fuori c’è un nemico pericoloso, la coesione interna, il consenso al leader, l’adesione a un’idea (magari senza troppo sottilizzare) servono a distinguersi e difendersi da quel nemico.

I vantaggi di questa modalità sono piuttosto evidenti:

velocità nella creazione del consenso (se il nemico è davvero così pericoloso, non c’è che una possibilità: stare con chi lo combatte);forza nel reprimere il dissenso (o stai con me, o sei contro di me e, quindi, fai il gioco del nemico);focus sui comportamenti del nemico più che sui propri: non è nemmeno così necessario avere un progetto di sviluppo per il futuro, e, soprattutto, il confronto con i risultati passa in secondo piano.

Per tutti questi motivi, non sorprende il fatto che gruppi, organizzazioni, anche partiti politici nella fase iniziale del loro ciclo di vita (e nelle fasi in cui il tema del consenso è più rilevante) ricorrano a piene mani alla logica amico-nemico (non credo serva fare esempi).
Molto spesso, addirittura, queste narrazioni individuano il nemico all’interno del proprio sistema (altre parti dell’organizzazione, altre funzioni aziendali, altre correnti di partito, eccetera).

La seconda modalità, invece, consiste nel creare coesione attorno ad un progetto, ad un obiettivo, ad un “dover essere” persuasivo e motivante. Si tratta di un processo più lento, probabilmente più solido e inclusivo. Certo, questa modalità sottostà anche a quello che, in un ambito un po’ diverso, abbiamo definito “Il principio del progresso“. Non basta, cioè, stabilire un obiettivo coesivo, si deve anche comunicare costantemente un progresso al fine di mantenere alta la motivazione.

Non serve precisare come l’abilità del leader resta quella di dosare le due logiche, perché se è vero che di logica amico-nemico si può campare per un bel po’, gli effetti collaterali indesiderati non sono da poco:
reprimere il dissenso può significare creare una conflittualità latente che approfitterà della prima occasione per manifestarsi;definire la propria identità soltanto per differenza rispetto al nemico vuole dire, comunque, non costruire un modello proprio che diventi un polo di attrazione di nuovo consenso, magari esterno rispetto alla cerchia iniziale. Si “incapsula”, cioè, l’identità del gruppo nella pura contrapposizione con il nemico;non avere un polo di attrazione, ma soltanto un polo di repulsione potrebbe creare, nell’organizzazione, delle “schegge impazzite” che, se anche si applicano per infliggere delle perdite al nemico, non sanno però “fare squadra”.

Infine (ma forse questa è la cosa più importante), le organizzazioni che basano il loro consenso interno soltanto sulla logica amico-nemico spesso implodono in brevissimo tempo, quando il nemico sparisce o perché viene sconfitto definitivamente (infatti, capita  di osservare leader che preferiscono “mantenere in vita” un nemico proprio per non dover affrontare il problema della sua scomparsa), oppure perché qualcuno, anche dall’interno, inizia ad insinuare il dubbio che il mostro potrebbe non essere così brutto come lo si dipinge e che, a guardarlo meglio, si tratta più di un avversario che di un nemico."

martedì 27 settembre 2016

World Tourism Day 2016

Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio. Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza. In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare.

Andrej Arsen’evič Tarkovskij, Tempo di viaggio


«Turismo per tutti»: è il tema differente della Giornata Mondiale del turismo che cade il 27 settembre e che quest’anno promuove “l’accessibilità universale”. Con l’obiettivo di rendere il viaggiare un diritto per tutti. «Oltre un miliardo di persone in tutto il mondo deve affrontare ostacoli che complicano l’accesso ai servizi fondamentali del viaggio, dalle informazioni chiare e affidabili, fino ai trasporti efficienti e servizi pubblici» si legge in una nota dell’Onu che annuncia la ricorrenza...e speriamo umilmente che questo lavoro possa essere d'aiuto a far fare il primo passo verso un mondo veramente alla portata di tutti sia nel suo aspetto "fisico/geografico" che in quello sociale.

E poi si sa che, come diceva Ari Kiev, il modo migliore per cercare di capire il mondo  è vederlo da ogni angolazione possibile!!

giovedì 22 settembre 2016

Volley Day 2016

Che farci se avete trent’anni e, svoltando l’angolo della vostra strada vi sentite sopraffatte d’improvviso da un senso di felicità – una felicità assoluta – come se aveste inghiottito un frammento luminoso di questo tardo sole pomeridiano, che vi arda giù nel fondo, mitragliandovi di una piccola gragnuola di raggi in ogni particella, in ogni dito della mano e del piede?
Katherine Mansfield


               



Pallavolo è divertimento puro!!!!!!



Ci vediamo al PalaEstra per vivere insieme altre emozioni!

lunedì 19 settembre 2016

La ricetta per essere vincenti

Non perdere mai di vista questa verità importante, che nessuno può essere veramente grande fino a che non ha acquistato una conoscenza di se stesso, una conoscenza che può essere acquisita soltanto dalla solitudine.
Johann Georg von Zimmermann



Johann Georg von Zimmermann...e chi è?? Confesso l'ignoranza e mi faccio aiutare dalla rete per saperlo: filosofo e fisico svizzero le cui teorie ebbero un grande impatto soprattutto in area tedesca.
La dissertazione potrebbe sembrare inutile e non tenterò di dimostrare il contrario. L'unica cosa sicura è che qualsiasi situazione può essere quella giusta per imparare. 
E' ovvio come sia molto semplice imparare nozioni: molto più complesso è imparare "la vita". Direi anzi, in maniera banale, che la vita si conosce solo dopo averla vissuta, solo dopo aver fatto esperienze... per dirla con parole migliori delle mie:

L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione. 
Oscar Wilde

Come mai stasera sono arrivato a questi pensieri? Risposta semplice: sono finite le paralimpiadi e siamo giunti al momento che i media dedicano a questi "supereroi che sfidano le avversità e fissano record sportivi". Scusate il tono ironico, ma come capirete è rivolto ai media. Il messaggio che vogliono far passare è che basta crederci per raggiungere qualsiasi obiettivo. Tutto molto bello quanto assolutamente falso! O meglio: la volontà è uno degli ingredienti necessari per raggiungere un obiettivo, ma non è l'unico.

Apro una parentesi. Qualsiasi allenatore sa che per far migliorare il proprio atleta deve proporgli obiettivi realistici e raggiungibili che aumentano di difficoltà nel tempo. "Qualsiasi obiettivo" non è un obiettivo, ma un vagare senza meta. Ogni atleta ha un suo obiettivo a breve termine, qualcuno ad un termine un po' più lungo(ad ogni modo al massimo inferiore ai 4 anni per i top-players che provano ad ottenere risultati olimpici), e tutti hanno dei sogni. Come è vero che il bravo atleta e il bravo allenatore spostano l'asticella degli obiettivi per farla avvicinare quanto più possibile a quella del sogno, è altresì vero che la loro testa è fissa solo sull'obiettivo perché per il sogno non c'è molto tempo.
Pensate ad un tempo di allenamento lungo un ANNO: 365 GIORNI DI DURO ALLENAMENTO e costante controllo di sé. La volontà serve, ma non basta. 

Chiudo la parentesi è ritorno alla ricetta.
Aggiungo un po' di passione...anzi ne aggiungo molta: più ce n'è e più è facile approcciarsi ad uno sport!
Non posso evitare di unire anche le capacità fisiche, tecniche e tattiche che competono i vari sport e che occupano ore di allenamento giornaliero. Per le quantità vedere i singoli sport.
Aggiungo ancora il controllo! In tutte le sue accezioni: controlli medici, controllo dell'alimentazione, controllo del corpo e anche quel controllo che spesso si confonde con la volontà. A cosa mi riferisco? Alcuni la chiamano "coscienza di sé", altri "coraggio", io non saprei definirlo bene, so però che è quella cosa che tutti gli atleti, paralimpici e non, hanno da vendere.
E' l'abilità di capire chi si è e di affrontare le difficoltà con le capacità che si hanno.



Nessuna gara o competizione è mai come ce la immaginiamo: i momenti di difficoltà sono ovunque, a qualsiasi livello, ed è proprio in quegli istanti che l'atleta si ritrova, solo con se stesso, a dover uscire da una situazione imprevista con i mezzi che ha a disposizione in quel momento. 

Chi troverà una soluzione? 
Chi è in grado di non arrendersi? 
Chi saprà reinventarsi e trovare la via d'uscita? 



Questo è l'ingrediente segreto: chi ha la capacità di confrontarsi onestamente con se stesso, definire il suo limite di azione e sfruttarlo al massimo e proprio colui che andrà oltre i limiti che pensava di avere perchè è l'unico che conoscerà le sue vere capacità. In questo senso anch'io sono d'accordo nel dire che il limite è solo nella nostra mente, ma aggiungo anche che per quell'ingrediente non basta avere volontà...quest'ingrediente costa fatica... la verità costa fatica.
Ma la verità porta gioia! E si sa: la gioia massima di uno sportivo è la vittoria, cioè il raggiungimento dell'obiettivo massimo prefissato e/o oltre!

E' questo il pensiero che ho avuto vedendo le celebrazioni degli sportivi impegnati in olimpiadi e paralimpiadi: le difficoltà si possono superare con sudore, fatica e onestà intellettuale. Conoscere se stessi è difficile, ma lo sport, così come la vita, è una bella scuola per imparare a farlo. Diciamolo: questo concetto è tutta un'altra cosa rispetto all' "obiettivo qualsiasi": verità e coerenza, in primis con noi stessi e poi con gli altri, alzano la famosa asticella e portano sulla strada per realizzare i nostri sogni. 

La cosa più bella è che tramite verità e coerenza si crea un mondo migliore: questo è quello che mi hanno insegnato questi grandi uomini/donne che hanno partecipato ai giochi di Rio2016.




martedì 5 luglio 2016

Il calcio vichingo


Sii forte che nessuno ti sconfigga, nobile che nessuno ti umili, e te stesso che nessuno ti dimentichi.
 Paulo Coelho



Ma voi dove eravate quando i vichinghi hanno battuto l'Inghilterra?
La storia dell'Islanda riparte dall'Europeo, da un quarto di finale conquistato con un gruppo di semi-professionisti, un branco di eroi molto alternativi! E non parlo solo dei simpaticissimi e forti calciatori beniamini anche(e soprattutto?!?) del pubblico femminile...



Anche i tifosi dell'Islanda si sono fatti vedere e sentire ad Euro 2016. Soprattutto sentire, con quello che loro definiscono "Il ruggito vichingo". Ad ogni partita, il Tólfta mann (dodicesimo uomo) ha sostenuto senza interruzione la propria selezione nazionale: "Siamo una grande famiglia, nata nel 2007. Il nostro compito è quello di radunare tutti gli islandesi in occasione delle partite, in casa e in trasferta. Il nostro canto si chiama il ruggito vichingo. È come nel film 300, con i valorosi soldati di Sparta che fronteggiano le armate persiane", hanno spiegato gli organizzatori del gruppo.
In Francia sono giunti oltre 30.000 sostenitori, ovvero il 12% della popolazione nazionale. E' lo spettacolo è stato non solo in campo:




Guardatelo bene:
C’è il silenzio, poi le braccia aperte: via agli applausi e al grido unisono, tutto sincronizzato. Oltre ad essere bello da sentire, l’inno pop degli islandesi è divertente anche da guardare. Ha un nome tutto questo, haka-hu. È un mix tra la danza tipica Māori portata alla ribalta dagli All Blacks (haka) e un coro di origine scozzese (hu).

Ma qual è l'origine di questo particolare coro??
Come nasce questo binomio divertente?

Alcuni anni fa, il Motherwell, club della Scottish Professional Football League, ha creato un gemellaggio con la squadra islandese Stjarnan, importando alcune particolarità. Tra queste c'è questo canto, rimasto nel cuore dei tifosi nordici, portato in Francia e reso ‘nazionale’. Tra l'altro lo Stjarnan è un club passato alla cronaca per aver realizzato una serie di esultanze di gruppo alquanto stravaganti dopo ogni gol. Questo fa capire come il calcio venga vissuto in tutt’altra maniera rispetto ai maggiori campionati del Vecchio Continente.


Lo SPORT è DIVERTIMENTO....e follia





giovedì 30 giugno 2016

mercoledì 1 giugno 2016

-10 ecchene n'artro



Ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi
(Anonimo)

mercoledì 20 aprile 2016

Addii toccanti

"Ma nun c'è lingua come la romana
Pe dì una cosa co ttanto divario
Che ppare un magazzino de dogana."

"Le lingue der monno", G.G. Belli


Tempo di playoff e tempo di gioie, vittorie e sconfitte.
Tempo di saluti: addio o arrivederci che sia ci siamo arrivati anche noi!! Un anno finito forse troppo presto ma di quelli senza rimpianti, di quelli divertenti e spensierati che ti danno l'energia vera, quella che ti fa stare in palestra divertendoti: l'energia delle persone giuste!

Una squadra da "stornello": tutto in rima, tutti in allegria, senza prendersi mai troppo sul serio, ma che ha dato molto, soprattutto in termini di "presenza" in palestra! E ovviamente non mi riferisco alla mera registrazioni delle assenze, ma all'aspetto più volitivo del concetto. Tutto bene dunque?? No ovviamente: in ogni squadra  capitano anche momenti no, incomprensioni e discussioni. Ma l'importante è prendere i misunderstanding con lo spirito giusto, come nel video che segue:



E daje!!!
Grazie Civita per avermi fatto divertire a giocare a pallavolo!!



Grazie ragazzi!!

Ci si vedeee!!!

venerdì 11 marzo 2016

Turn Over

Riporto il testo dal blog "dal15al25" di Gian Luca Pasini

Post del 11 marzo 2016

"La presa di posizione degli allenatori

Come Associazione Italiana Allenatori di Pallavolo riteniamo doveroso esprimere la nostra opinione di merito nella tematica di recente intervenuta tra la Lega maschile di pallavolo e la società Dhl Modena Volley per le considerazioni che da essa possono scaturire sulla figura professionale del responsabile tecnico di una squadra.

Adeguandoci alla dimensione pubblica assunta dalla querelle Lega-Dhl Modena Volley-Lorenzetti-Righi (intervista) , interveniamo altrettanto pubblicamente mossi da un’ottica che , senza omettere una valutazione sulle decisioni tecnico-sportive del nostro associato Angelo Lorenzetti e degli effetti da essa derivanti sul sistema volley, vuole travalicare la dimensione individuale legata alla figura del singolo head-coach per approdare ad una conclusione che tocca l’intera classe degli allenatori, dei loro diritti e delle loro facoltà.
Senza esitazioni esprimiamo il nostro dissenso in merito alla comunicazione con la quale la Lega, invitando ad una riflessione la dirigenza della società DHL Modena Volley , ha di fatto e in ultima, concreta analisi stigmatizzato la decisione dell’allenatore Angelo Lorenzetti di procedere ad un ampio turnover in occasione dell’ultima partita di regular season del Campionato di Superlega; riteniamo che non spetti alla Lega interferire, anche in modo indiretto attraverso un Club ad essa associato , sull’autonomia decisionale di un tecnico nella definizione dell’organico di squadra da schierare in una gara.
L’impegno che un allenatore assume contrattualizzando le sue prestazioni con un Club è di raggiungere il miglior risultato finale possibile per la squadra che allena e per la società per la quale è tesserato, in ogni manifestazione a cui partecipa.
Se, con l’attuazione del turn-over più ampio permesso dalle regole , un allenatore ritiene di facilitare il raggiungimento dell’obiettivo del miglior risultato finale con la concessione di un turno di riposo nel corso di un Campionato o di una manifestazione ad atleti debilitati sul piano fisico e delle risorse nervose da super impegnativi calendari di attività internazionale e nazionale, nessun terzo, ad eccezione forse della dirigenza del Club di appartenenza dell’allenatore, può avanzare una giustificabile pretesa di limitarne l’autonomia e l’indipendenza nella attività da svolgere, compresa in primis quella di decidere se e quali atleti impiegare in gara e quanto a lungo.
Il richiamo generico alla così detta “formazione migliore” non si esaurisce nell’esclusione dalle partite dei soli atleti infortunati, ma di tutti i giocatori ( nel rispetto delle regole, non importa quanti ) che l’allenatore, per mille motivi diversi , ritiene opportuno non utilizzare , anche solo per stanchezza; di quest’ultimo assunto, se necessario, ne abbiamo avuto consistente riprova proprio nell’ultimo turno di Campionato da parte di allenatori di importanti squadre e società sia in Italia che all’estero.
Ciò premesso, non sono la trasparenza e l’onestà del comportamento di Angelo Lorenzetti, né , a quanto ci consta, di quello degli allenatori di cui sopra i fattori che possono portare nocumento alla SuperLega ; ci piace di più pensare che il tecnico della società Dhl Modena Volley, come è accaduto per tanti altri tecnici , ha usato riguardo verso gli atleti che allena e che sono arrivati stremati all’epilogo del Campionato a seguito di calendari di gare inaccettabili, ha schierato atleti a referto arbitrale dalla prima giornata di gare in poi, è stato attento alle aspettative dei migliori risultati finali chiesti dagli sponsor del suo Club e dalla sua stessa società , non ha ingannato il pubblico pagante di Modena e di Padova preannunciando l’effettuazione del turnover dei propri giocatori, non è stato colpevolmente reticente con il mondo delle scommesse, non si è nascosto alle altre società della Lega nell’esercitare con chiarezza un suo diritto evitando di ricorrere alle deprecabili, consuete ed ambigue dichiarazioni d’occasione ; in sintesi, ha mostrato dignità professionale che riteniamo sia da apprezzare e non certo da sanzionare."


Le mie domande da giocatore ancora giovane:

- è ancora bella come prima la pallavolo??
- se "no", cosa si può fare per renderla migliore in tutti i campi tutte le domeniche?
E per farla vedere "in giro" un po' di più? E con questa domanda non nascondo l'invidia anche verso il rugby(solo la nazionale ad onor del vero) che non porta risultati in campo nemmeno per sbaglio, eppure...




Devo migliorare da pallavolista....e non essere tra gli invidiosi che Francisco de Quevedo descriveva così:

"L’invidioso piange più del bene altrui che del proprio male."



...piangere per questo sarebbe veramente tempo impiegato male che potrei usare per far di meglio con ciò che ho!



mercoledì 10 febbraio 2016

Quando si mette la maschera?

Evey: Chi sei? 

V: Chi?... "Chi" è soltanto la forma conseguente alla funzione, ma ciò che sono è un uomo in maschera. 

Evey: Ah, questo lo vedo! 

V: Certo. Non metto in dubbio le tue capacità di osservazione. Sto semplicemente sottolineando il paradosso costituito dal chiedere a un uomo mascherato chi egli sia.

dal film "V per Vendetta"





Chi non ha partecipato o quantomeno assistito ai festeggiamenti del carnevale in questo periodo??
Per me che vivo tra Civita Castellana e Fano sarebbe stato praticamente impossibile evitarlo anche se avessi voluto!!!
....e comunque non volevo evitarlo! 
I carri del carnevale più antico d'Italia, quello fanese, e il corteo del carnevale civitonico sono semplicemente spettacolari ed ad alto tasso di divertimento!

la musica "rabita"(arrabbiata o pazza...boh?!?) a Fano

Il carnevale è finito ieri e, come sempre accade per le cose belle, il pensiero torna indietro per rivivere e capire meglio cosa è stato e cosa possiamo imparare dal passato!

Iniziamo dalla classica etimologia della parola "carnevale": di derivazione latina, carnem levare ("eliminare la carne"), forse influenzata anche dal latino vale (quasi fosse "carne, addio!"), indicava il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale (Martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima.

I caratteri della celebrazione del carnevale hanno origini antiche. Durante le feste dionisiache(Grecia antica) e saturnali (Roma antica)si realizzava un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.
Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento simbolico, durante il quale il caos sostituiva l'ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all'inizio del carnevale seguente.

Rovesciamento e maschera sono le due parole chiave del carnevale. 
Cioè evasione!! Essere ciò che non si è per tutto l'anno: questo è lo spirito del Carnevale...ed è l'unico periodo dell'anno in cui sono ammesse maschere.

Purtroppo, invece, alcune persone per debolezza o per comodo indossano maschere tutto l'anno. Fingono di essere qualcuno che vorrebbero essere o che gli altri vorrebbero che loro fossero...
Ma questa non è una situazione divertente e nemmeno corretta!

L'unico modo per esser felici e stare bene è apprezzare se stessi e farsi conoscere dagli altri così come siamo: chi ci vorrà bene resterà con noi, gli altri se ne andranno...e non sarà una perdita ma una bella selezione! Ci circonderemo delle persone giuste per noi.
....e per provare ad essere qualcun'altro avremo tempo il prossimo carnevale!!!

Troppa filosofia da due soldi...perdonatemi!!
Mentre scrivo ho bene in testa le persone a cui mi riferisco e le sensazioni che io ho vissuto.

Mi voglio sdebitare per queste ovvietà (su cui però dovremmo riflettere più spesso): guardate questo video preso direttamente dal mio canale youtube e filmato dalla finestra di casa nel corso dei festeggiamenti del carnevale civitonico:  a me ha fatto divertire troppo e spero strappi almeno un sorriso anche a voi!!

....maschere geniali:


"Ogni falsità è una maschera, e per quanto la maschera sia ben fatta, si arriva sempre, con un po' di attenzione, a distinguerla dal volto."
Alexandre Dumas (padre), I tre moschettieri, 1844




giovedì 28 gennaio 2016

Ragion di statua

"L'Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. È un paese dove tutto funziona male, come si sa. È un paese dove regna il disordine, il cinismo, l'incompetenza, la confusione. E tuttavia, per le strade, si sente circolare l'intelligenza, come un vivido sangue. È un'intelligenza che, evidentemente, non serve a nulla. Essa non è spesa a beneficio di alcuna istituzione che possa migliorare di un poco la condizione umana. Tuttavia scalda il cuore e lo consola, se pure si tratta d'un ingannevole, e forse insensato, conforto"
Natalia Ginzburg


....eppure non ci vuole molto.....





Lo zoppo e il sordomuto

Incomprensioni...possono esser chiarite col giusto modo di dialogare...


La parola ci distingue dagli animali. Il dialogo ci aiuta a stare bene.

Dialogo: Ricercato da tutti, purché non sia reciproco.
(Giuseppe Pontiggia)

Scherzi a a parte:

Finché l’uomo non si accetta e non inizia un dialogo con se stesso, non troverà mai la serenità a cui anela, la pace interiore, la capacità di affrontare le tempeste della vita.
(Romano Battaglia)

Per star bene con gli altri bisogna star bene ed esser onesti prima con se stessi. 
Una volta compreso e ascoltato veramente il proprio IO ci si può predisporre all'ALTRO....

La prima condizione perché il dialogo sia possibile è il rispetto reciproco, che implica il dovere di comprendere lealmente ciò che l’altro dice.
(Norberto Bobbio)

giovedì 7 gennaio 2016

I piccoletti non sono sempre scemi


Destino: Misteriosa entità che dovrebbe controllare tutte le sorti umane e che viene invocata soprattutto da chi sbaglia per scusare il proprio insuccesso e dai tiranni per giustificare i propri crimini.
Ambrose Bierce



Perdonatemi il titolo...ma per il blog del nano Caesar mi sembrave decisamente appropriato!

Vi propongo il mio rapido flusso di coscienza alla fine del video: è l'uomo che decide il destino delle opere...è l'uomo che decide il destino di ciò che fa. E' l'uomo che decide il proprio destino.

Inutile sottolineare che questi concetti sono detti ridetti e "stradetti"....risultano persino banali a furia di risentirli.

Mi volevo soffermare invece su un altro concetto: "le abilità che ci fa scoprire la necessità". In una situazione di emergenza, bisogno o di semplice desiderio, come quella descritta nel video da Philippe D'Averio a proposito del "cupolone fiorentino", l'essere umano trova risorse inaspettate....e allora mi domando:

1. perché aspettare situazioni d'urgenza per ricercare quel quid in più??
2. è evidente che non conosciamo i nostri limiti, altrimenti non definiremmo "inaspettate" le risorse extra che tiriamo fuori quando sorgono i problemi . Quindi mi chiedo: non sarebbe più utile per ciascuno esplorare quotidianamente le proprie risorse, i propri limiti e le proprie abilità??

Chissà che orizzonti potremmo scoprire!!!



La vita è un’enorme tela: rovescia su di essa tutti i colori che puoi.
(Danny Kaye)