lunedì 23 gennaio 2017

Strategie utili


Pratica l’arte del miglioramento continuo ogni giorno.
Lavora sodo per migliorare mente e corpo. Nutri il tuo spirito. Fai le cose di cui hai paura. Sciogli le briglie all’energia e all’entusiasmo. Guarda sorgere il sole. Balla sotto la pioggia. Sii la persona che sognavi di essere. Fai le cose che hai sempre voluto fare 
Robin Sharma, "Il monaco che vendette la sua Ferrari"



Disse Michael Jordan, che sicuramente qualcosa ha vinto:

“Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l'intelligenza che si vincono i campionati.” 

Domenica giocheremo con la mia squadra, Emma Villas Volley Siena, la finale di Coppa Italia. Una partita secca che assegna un trofeo. Una gara unica, senza appello. La frase di Michael Jordan, che in senso assoluto condivido pienamente, mi ha fatto pensare: la partita di finale di domenica è persa in partenza da una delle due squadre (quella meno talentuosa evidentemente) o si possono abbattere le variabili negative che portano ad una sconfitta e non solo limitare i danni, ma addirittura ribaltare il pronostico?

Continuo il mio ragionamento con una famosissima frase del “Generale”  Robert Montgomery Knight:

"Tutti vogliono vincere, ma non tutti sono disposti a prepararsi per vincere".

Per chi non sapesse di chi sto parlando trattasi dell’allenatore che ha vinto più partite nella NCAA,  ovvero la National Collegiate Athletic Association, l’associazione che coordina e gestisce i campionati sportivi universitari americani. Nel caso specifico il riferimento è al torneo di pallacanestro.

Riprendendo il filo del discorso: la vittoria necessita di un’adeguata preparazione, e se forse è scontato essere d’accordo con me a livello teorico, probabilmente non lo è altrettanto a livello pratico.

Partiamo da un'idea di base: da molti giorni prima di una finale un'atleta inizierà a visualizzare o immaginare la partita o la singola azione che andrà ad affrontare. Personalmente tra le immagini che più mi girano inconsciamente per la testa ci sono quelle del primo e soprattutto dell'ultimo punto della partita, ma non solo.

Gestire la visualizzazione di queste immagini è un utilissimo strumento di allenamento mentale. E' una strategia.



Quando si parla di preparazione di una vittoria si parla proprio di questo: strategie.
Quanto incide un allenatore in questo? Tanto. Quanto incide un atleta? Altrettanto. Non so dire se questo sia un bene o un male ma tant'è.

Tornando a noi, le strategie non sono altro che una specifica sequenza di azioni che mettiamo in atto per ottenere un risultato predefinito. Attenzione: questa sommaria definizione produce almeno due considerazioni ulteriori:

1. quando si parla di strategia non si parla solo di tattica di gioco, ma anche di programmazione fisica e gestione delle emozioni.
A tal proposito apro una piccola parentesi. Gestire le emozioni di un atleta significa non solo dargli stimoli giusti(se siamo allenatori) o trovare il modo di erogare in maniera continuativa e costante nell'arco della prestazione la giusta dose di energie che richiede la partita che stiamo affrontando, ma significa soprattutto incanalare i suoi pensieri e quelli dei suoi compagni nell'unica strada esistente che li possa portare a giocare come una squadra, come un tutt'uno armonico che sa dove deve andare, come arrivarci e quali ostacoli potrebbe incontrare nel corso della sua marcia.
Serve uno psicologo o un allenatore? Battute a parte: gestire un gruppo di 12/14 persone non è roba per deboli di cuore o caratteri timidi.

2.  fare qualcosa non implica fare la cosa giusta! Non è inusuale compiere “atti” che ci portano ad ottenere risultati disfunzionali ed esattamente inutili per conseguire il meglio dalla nostra performance! Una strategia non corretta, una preparazione sbagliata, sono elementi che non ci permetteranno di battere la squadra col talento.

Ma a quali obiettivi dobbiamo puntare nel momento in cui andiamo a definire le giuste strategie (magari con un mental coach o, per chi ci crede meno come me, con un buon allenatore)?

Rispondo con la mia piccola esperienza partendo dai problemi per un semplice motivo: se il mio avversario è più talentuoso di me sicuramente mi metterà in difficoltà, o perlomeno questo potrà succedere con un'alta probabilità!

Problema1
Riesci a fare “sempre bene” quello che sai fare?
Sembra una cosa stupida, ma pensiamola in un altro modo: fare un palleggio contro un muro in una palestra intanto che aspettiamo l'inizio dell'allenamento non ha la stessa difficoltà di fare un palleggio davanti a 17.000 persone(capienza massima del campo in cui giocheremo la finale di domenica)! Eppure si tratta in entrambi i casi di un semplice palleggio. Qual è la difficoltà? Apro una parentesi rivolgendomi a noi giocatori: siamo sicuri che sia una difficoltà chiara ed evidente o stiamo pensando troppo e solamente al problema?? Ovviamente è una provocazione: il problema esiste ed è prevalentemente nella nostra mente.... così come la soluzione. Come si esce da questa situazione? Isolando il gesto: il palleggio è sempre quello, non è influenzabile da elementi esterni al campo di gioco. Riuscire a replicare SEMPRE in maniera sistematica, ciò che ci riesce bene, è la base per creare una strategia di gioco: il mio avversario di talento in certe cose non ha alcun potere su di me. Questo vale sia per il gesto tecnico che per le situazioni tattiche o le fasi del gioco.

La soluzione a questo primo problema, oltretutto, mi regala 2 carte da giocare domenica:
a. isolare il gesto mi fa uscire da una situazione di difficoltà ad azione in corso
b. pensare a cosa faccio bene mi ha fatto trovare alcune aree in cui il mio avversario non può attaccarmi perché sono forte

...ancora devo iniziare a giocare e sto già prendendo un vantaggio. ;-P



Problema2
Riesci a pensare quando sei in difficoltà?
Questo problema ne sottintende un altro a lui precedente: riesci a capire quando sei in difficoltà?
Se non riesci c'è un problema grosso. Per usare una celebre frase del film Rounders - Il giocatore:

If you can't spot the sucker in your first half-hour at the table, then you are the sucker.

[Nel poker] Se non riesci a individuare il pollo nella prima mezz'ora di gioco, allora il pollo sei tu.

Se non vedi il problema non puoi risolverlo: puoi solo sperare nei tuoi compagni o nel tuo coach.
Detto questo torniamo al problema: penso quando sono in difficoltà? DEVO farlo perché è l'unico modo che ho per individuare una difficoltà e poi eventualmente risolverla. Ma come si fa?
Qui è fondamentale, mentre stai immaginando la partita almeno per la ventesima volta questa settimana, capire come potranno metterti in difficoltà domenica! Quali sono i punti in cui sei attaccabile? In questo bisogna essere preparati. Conoscere i propri punti debole è conoscere il problema. Aggiungo una nota estemporanea: la squadra che sa sopportare i propri punti deboli sembrerà quasi inattaccabile agli occhi dell'avversario. Ad ogni modo, visualizzare e cercare le soluzioni ai punti deboli è il modo migliore per risolvere il problema quando arriverà...perchè statene pur certi: arriverà! E non sarà un dramma perché avremo già le soluzioni giuste!

Anche qui una sola soluzione offre più carte da giocare per la finale:
a. potresti anticipare la strategia offensiva dell'avversario nascondendo i tuoi punti deboli e obbligandolo a giocare dove sei forte
b. identificherai il problema: sapendo come andrai in difficoltà saprai, quando vivrai la situazione che hai immaginato, che stai effettivamente andando in difficoltà. Magra consolazione, ma almeno eviterai di diventare il pollo inconsapevole di “Rounder – Il giocatore" e potrai concentrarti sul gioco da fare
c. quando andrai in difficoltà avrai già delle possibili soluzioni per poterne uscire...cosa che è diretta conseguenza del punto precedente!

Ma in sostanza come fare a progettare delle strategie che ci consentano di massimizzare il risultato ed accorciare la distanza che ci separa dal nostro talentuoso avversario?

Io cerco di avere la risposta ad alcune semplici domande:

- cosa devo fare?
- come faccio a farlo?

La domanda fondamentale  tra le due, quella che fa la differenza tra un giocatore di talento e un giocatore che vince, è la seconda!
Si tratta di estrarre e porre l’attenzione razionale su un set di azioni e comportamenti che la nostra testa esegue senza pensarci. Per farlo con precisione ci sono diversi accorgimenti e strumenti che un Mental Coach utilizza durante il suo lavoro di mental training, ma questa è un’altra storia.
Chi ha talento pensa di non aver bisogno della seconda domanda perché, per opinione generale, il “giocatore di talento” è colui che fa con naturalezza un qualsiasi movimento .......... pericolosa definizione: il giorno in cui il giocatore di talento per un qualsiasi motivo (in primis l'avversario) non riuscirà a produrre quel gesto perderà.
La strategia di un pre-match deve portare a questo: non essere attaccati dal talento e attaccarlo a nostra volta.

In questo la stra-ripetuta definizione di “sport di situazione” che identifica il volley è decisamente calzante: chi risolve prima i problemi che incontrerà vincerà la partita.

Equilibrio, atteggiamento positivo, attenzione e soprattutto preparazione.
Come si dice?
 La fortuna è quel momento in cui la preparazione incontra l'opportunità.

Ci vediamo domenica 29 Gennaio a Bologna per vivere l'opportunità e provare a crearci la nostra Fortuna

lunedì 16 gennaio 2017

Parola ai giovani!

Sostanzialmente, la radio non è cambiata nel corso degli anni. Nonostante tutti i miglioramenti tecnici, è ancora un uomo o una donna e un microfono, la riproduzione di musica, la condivisione di storie, il parlare di diverse questioni – il comunicare con il pubblico.
Casey Kasem


Il titolo non è sbagliato, ma richiama una mia nuova esperienza: la radio!
Un'esperienza nuova dal sapore vintage, uno di quei luoghi quasi mitologici in cui la parola ancora conta qualcosa!
Un grandissimo grazie agli amici di uRadio, una realtà nata da un piccolo gruppo di studenti fuorisede dell’Università per Stranieri e dell’Università di Siena che si occupano di interviste ad artisti locali e nazionali, seguono attivamente gli eventi culturali di Siena e collaborano con numerosi locali e associazioni!
Un bellissimo progetto che arricchisce l'università e tutta la città!
Al link qui sotto troverete la divertente intervista al sottoscritto e al mio compagno di squadra Simone Di Tommaso, realizzata da Laura Muraglia e Giovanni Marchi con la regia di Silvia Stefanini:
https://www.mixcloud.com/uRadio_Siena/uradio-speciale-emma-villas-andrea-cesarini-e-simone-di-tommaso/
Discorsi più o meni seri su libri, volley, musica, coaching e turismo accessibile! Insomma, ce n'è per tutti i gusti!

lunedì 9 gennaio 2017

Essere speciale

“Non so come il mondo potrà giudicarmi ma a me sembra soltanto di essere un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia più bella del solito, mentre l'oceano della verità giaceva inesplorato davanti a me.” 
Sir Isaac Newton



Questo articolo è a cura di Iacopo Melio:

Ecco 7 buoni propositi “speciali” per l’anno nuovo
I disabili non esistono, è il contesto che limita le persone. La società ha infatti un enorme potere, quello di decidere se continuare ad alimentare la disabilità oppure se, finalmente, limitare gli handicap, nel senso più sportivo del termine.

Il 2017 sta per arrivare e come sempre ognuno di noi si trova a fare a se stesso delle promesse che talvolta non riuscirà a mantenere, anche se illudersi di un miglioramento personale non fa mai male. Se non altro incoraggiare se stessi, almeno per i primi giorni del nuovo anno, ci è utile per ricaricare le pile, magari riprendendosi dalle delusioni che i precedenti 12 mesi hanno portato.
Ho deciso così di suggerirvi 7 buoni propositi che potrete tentare di "spuntare" nei confronti della disabilità. Un regalo di civiltà verso chi, come me, vive con un qualche handicap, ma soprattutto verso voi tutti.

Perché dai, diciamolo: nel 2016 è stata confermata l'esistenza delle onde gravitazionali; la sonda Juno si è avvicinata come nessuna a Giove, sfidando le sue tempeste radioattive; Philae, il lander della missione Rosetta, ha proseguito (e terminato) l'esplorazione di una cometa; l'UE si è dotata di una costellazione satellitare per osservare la Terra, per uso ambientale, geologico, agricolo e altro ancora; Paolo Nespoli ha presentato la missione VITA, che in barba ai suoi 60 anni lo porterà ad abitare per qualche mese nella Stazione Spaziale Internazionale per condurre nuovi esperimenti; è stato firmato un accordo tra la Virgin Galactic e Altec per aprire uno spazio-porto in Italia; hanno avviato la fase sperimentale per l'utilizzo del sistema di Navigazione Satellitare Europeo Galileo… e noi, comuni mortali, non siamo ancora in grado di comprendere e mettere in atto delle regole basilari di convivenza civile.

A voi, a noi, auguro quindi un nuovo anno fatto di altri piccoli passi avanti per quella rivoluzione culturale della quale abbiamo, davvero, tanto bisogno.

1. Smettere di occupare i parcheggi per disabili:
Se a Capodanno è un'impresa trovare parcheggio per tutti, fate conto che per un disabile sia il 31 Dicembre tutto l'anno. Avere l'auto vicino casa, all'ingresso di un centro commerciale o di un ufficio pubblico è un aiuto non da poco per chi ha problemi motori o non può affaticarsi (nel caso di una disabilità "invisibile"): eliminate quindi, per il prossimo anno, il vizietto di rubare diritti a destra e a manca, ma soprattutto cancellate l'arroganza che talvolta caratterizza le vostre risposte quando qualcuno vi fa notare l'errore. No, non avete ragione, mettetevi l'anima in pace che oltre ad essere superficiali, poi, risultate pure per cafoni.

2.(o 1 bis) Non usare i marciapiedi come aree di sosta:
Gli scivoli dei marciapiedi non sono stati progettati per aiutarvi a parcheggiare meglio su di essi: imparate a lasciarli liberi, per favore, perché non ci sono solo persone in carrozzina o temporaneamente infortunate, ma anche madri con i passeggini, anziani o ciclisti che potrebbero averne di bisogno. Esistono quei rettangoli con strisce bianche, o blu, intorno, dove poter mettere la macchina: sfruttateli, è legale!

3. I bagni riservati non sono pubblici:
Per definizione, smettete di fare i vostri bisogni nei nostri bagni. Perché se è vero che da seduti siamo tutti uguali, è anche vero che qualcuno non è in grado di attendere nemmeno un solo minuto se deve fare pipì o altro di più impegnativo. Non lamentatevi se poi, per dispetto o necessità, qualcuno "di noi" vi fa trovare una sorpresina davanti alla porta… < risata malefica >

4. A proposito, basta "noi" e "voi":
Impariamo a svuotare gli scompartimenti e i cassetti nei quali, fino a ieri, abbiamo infilato le persone, e buttiamo tutto e tutti in un unico sacchetto, agitando il tutto come state facendo in queste vacanze coi numeri della tombola. Anziché tracciare confini ed indicare le differenze, costruiamo ponti ed evidenziamo le uguaglianze, che fa più figo.

5. Abolire la parola "speciale":
Non stiamo parlando di un piatto di pasta cucinato dalla nonna, o dell'effetto di un film fantasy, o dell'offerta di un negozio di abbigliamento prima di Natale… Un disabile non è una persona speciale e non si considera un supereroe, anzi, ciò che desidera è conquistare una normalità, anche anonima e mediocre (in senso positivo e non dispregiativo) purché scontata: abolire questa grande etichetta è il primo importante passo per evitare la discriminazione. I disabili, in quanto persone come tutti, sono simpatici o antipatici, intelligenti o scemi, brutti o belli, buoni o stronzi. Smettiamo di vedere come straordinaria ogni cosa che facciamo, altrimenti finirete con lo stupirvi e farci un applauso ogni volta che compiamo anche il gesto più semplice, tipo tirare lo scarico del WC… e suvvia, la cosa fa un po' ridere.

6. Sfanculiamo il “politically correct”:
“Disabile”, “diversamente abile”, “soggetto a ridotta mobilità”, “persona con handicap”… Smettiamo di aver paura di chiamare le cose con il loro nome e di rapportarci ad esse: Iacopo, Laura, Marco, Serena, Pietro… Siamo persone, non siamo la nostra malattia o le nostre carrozzine, così come voi non siete il vostro paio di scarpe (questo lo dico spesso e “tira” sempre, ma è bene ribadirlo). E vi svelo un altro segreto, non solo potete dire frasi apparentemente scomode, come “usciamo a far due passi”, “non prendere questa cosa sottogamba” o ancora “ci vediamo!” (rivolto ad un cieco, ovviamente), ma potete addirittura scherzare, insieme a noi, delle nostre disabilità. Perché la cosa davvero bella è la condivisione, in positivo, di uno svantaggio che se valorizzato può diventare addirittura un punto di forza, e non certo una beffa verso qualcuno. Osate, con naturalezza, perdiana!

7. "I disabili non esistono" come mantra:
Esatto, anche questo lo dico sempre e non smetterò mai di ripeterlo. Dobbiamo avere massimo rispetto per la sofferenza e per la malattia, certo, ma non nascondersi dietro alla disabilità, perché i disabili non esistono! È il contesto, lo spazio intorno a noi, che limita le persone. Se voglio andare a cena fuori e ho qualcuno che mi aiuta a salire in auto e mi accompagna, se il ristorante non ha scale al suo ingresso e la piazza fuori ha gli scivoli adeguati per fare un giro dopocena, senza ostacoli, perché mai dovrei sentirmi disabile o svantaggiato? La società ha un enorme potere, quello di decidere se continuare ad alimentare la disabilità oppure se, finalmente, limitare gli handicap, nel senso più sportivo del termine. Si tratta di una partita troppo importante: per questo 2017 giochiamola insieme."

lunedì 2 gennaio 2017

Correre per conoscere se stessi

E’ meglio avere il fiato corto e le gambe pesanti, piuttosto che le gambe corte ed il fiato pesante.  
Mario Setragno, “Dizionario ragionato della corsa”



La prima domanda che mi fanno quando parlo delle mie scarse e sporadiche esperienze di running è cosa mi piace del correre? Perché lo faccio?

In realtà la corsa ha molti vantaggi interessanti, ma io lo faccio principalmente per uno solo dei 10 che vi elenco di seguito: provate a indovinare quale!



1. è gratis
Vi do un suggerimento: non è questo, ma è anche vero che qui esce la mia indole da “pulciaro” (per dirlo alla romana!). Bastano un paio di scarpe (buone) e una strada o un sentiero e il gioco è fatto!

2. non lega ad orari
Semplicemente ci vado quando voglio. A volte questa può essere una lama a doppio taglio se c'è un programma di avvicinamento ad una corsa da seguire, però permette sicuramente di essere più liberi  rispetto ad una tabella di allenamento di uno sport di squadra

3. è “sana”
Si sta all’aria aperta, non ci si chiude dentro una palestra. Si respira aria pura e si ossigenano corpo e cervello. Certo correre a Roma potrebbe non rendere questo punto valido per tutti, ma non starei troppo a sottilizzare!

4. riduce rischi di malattie cardiovascolari
Questa non è farina del mio sacco: secondo una recente ricerca pubblicata sul Journal of American College of Cardiology correre potrebbe ridurre fino al 45% il rischio di morte per malattie cardiovascolari. Il motivo? Fare jogging migliora la pressione sanguigna e il colesterolo buono (HDL).

5. fa dimagrire rapidamente
ovviamente è uno dei metodi migliori per bruciare calorie e regolare positivamente il metabolismo. Praticando un’ora di corsa a livello intenso si possono bruciare da 700 a 800 calorie. Certo è che  poi dovrete essere più bravi di me con l'alimentazione per rendere questo un reale vantaggio!

6. produce endorfine
Le endorfine aiutano a liberarci dallo stress e migliorare l’umore. Praticare jogging con costanza aumenta la serotonina ovvero quel neurotrasmettitore fondamentale per regolare l’umore, ma anche il sonno, l’appetito, l’apprendimento e la memoria.

7. aiuta a riposare meglio
E non perchè si arriva a casa sfiniti! Correre aumenta la produzione nel cervello di seratonina, ovvero quell’ormone che influenza il ritmo sonno-sveglia.

8. rallenta l’invecchiamento
Dopo i 20 anni la naturale produzione dell’ormone della crescita (HGH, Human Growth Hormone) inizia a diminuire, per fermarsi quasi definitivamente dopo i 40. L’unico modo per non bloccare definitivamente la produzione di questo ormone è quello di praticare un’attività sportiva, in particolare la corsa.

9. migliora l’autostima
Un incremento della resistenza fisica e psichica alla fatica e la forza di volontà sviluppate nella pratica costante della corsa generano un aumento della fiducia in sé stessi e dell’autostima.

10. permette di confrontarsi con se stessi
non ce la faccio a non suggerire: io corro per questo motivo! Quando corro sono da solo con me stesso e posso godermi tutto ciò che mi circonda! Mi rilasso! Ma soprattutto mi piace quel momento durante una corsa in cui sono in difficoltà e devo trovare le energie per andare avanti: è proprio quel momento che mi fa amare la corsa. In quel frangente sono obbligato ad avere un confronto onesto e diretto con me stesso per capire come continuare, quanto perseverare, dove è il mio limite e come superarlo o se è saggio andare oltre.



La corsa per me è un allenamento alla quotidianità: onesti con se stessi per vivere a pieno ogni momento e godere di ciò che c'è di bello, o amare l'attesa della gioia nei momenti di difficoltà senza mai perdere l'orgoglio di essere me stesso.

Per questo corro.
Per questo mi piace farlo!