venerdì 15 dicembre 2017

La giustizia

Quanno un giudice punta er dito contro un
povero fesso nella mano strigne artre tre dita
che indicano se stesso.
A me arzà un dito pe esse diverso
me fa più fatica che spostà tutto l'Universo.
Alessandro Mannarino, Bar della rabbia


Tornano i conti??

lunedì 11 dicembre 2017

Parole esatte dal volgo

Le parole erano originariamente incantesimi, e la parola ha conservato ancora oggi molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice un altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli studenti, con le parole l’oratore trascina l’uditorio con sé e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo generale con cui gli uomini si influenzano reciprocamente.
Sigmund Freud

Pensiero veloce.
E' difficile descrivere:
perché è difficile capire le persone
e poi perché è difficile trovare le parole esatte


Fortunatamente esistono parole che da sole hanno il potere di esprimere un intero concetto con chiarezza.
A me succede spesso, nella mia testa, di arrivare alla parola di cui ci spiega bene il significato il seguente video:



fortunatamente la ricerca di sinonimi socialmente accettabili mi sta salvando, ma non so se durerà...d'altronde, a che pro??

E' che ancora non sono così incauto....

Tranquilli...si gioca....ma neanche troppo...

martedì 5 dicembre 2017

In panchina con Seneca: lucidità nei momenti chiave

Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, Lucilio mio, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. […] Non so perché le paure infondate turbino di più; quelle fondate hanno un loro limite: tutto ciò che è incerto è in balia delle congetture e dell’arbitrio di un animo terrorizzato. Perciò niente è così dannoso, così irrefrenabile come il panico; le altre forme di timore sono irrazionali, questa è dissennata
Seneca, Epistulae morales ad Lucilium



Uno degli aspetti più deleteri di uno sport con grande componente tattica è la mancanza di lucidità! Partendo dal presupposto che la correzione degli aspetti tattici, secondo me, è secondaria rispetto a quella degli aspetti fisici e tecnici, va detto che la mancanza di lucidità influisce su tutti e tre gli ambiti in maniera parimenti importante.

Le cause principali che portano a momenti di crisi e mancanza di lucidità derivano da

- fatica fisica. Arrivare al punto culminante di un evento sportivo senza l'adeguata preparazione fisica ci può portare ad avere cali di attenzione e appannamento. Trattasi di semplici reazioni biologiche (diminuzione o assenza di sostanze che contribuiscono a tenere attive le cellule celebrali e quelle di tutti gli organi che apportano informazioni ai nostri centri nervosi) associate allo stress del "non riuscire" a compiere un determinato gesto per mancanza di energie

- stress mentale. In questo caso i fattori sono molteplici, ma possiamo raggruppare anch'essi in due tipologie: esterni e interni. Quelli esterni derivano dal giudizio altrui o da distrazioni legate solo marginalmente all'evento sportivo (relative al marketing, per esempio, o l'organizzazione di viaggi e trasferte solo per dirne un paio). Poi ci sono i fattori "interni", quelli veramente distruttivi: reazioni intime legate a tutti i tipi di giudizi e commenti, confronti e paragoni, autoesigenza e pensieri negativi.

Scrive Seneca: "Non so perché le paure infondate turbino di più"...io credo che non definendo concretamente un problema sia impossibile cercare una soluzione reale. Prima di parlare di questi aspetti mentali eliminiamo in maniera rapida e senza pretese troppo scientifiche tutte le altre.

Banalmente, per diminuire e limitare lo stress derivante dalla fatica fisica basterebbe arrivare più preparati alla gare, ergo: allenare il corpo in maniera migliore.
Apro una parentesi: ho scritto volutamente "allenare in maniera migliore" piuttosto che "allenare di più" perchè non è importante la quantità del lavoro che si fa se in esso non c'è qualità!
Oltretutto, in un lavoro di qualità le componenti del riposo e del recupero hanno lo stesso valore della componente di "azione"!

Continuando a ragionare banalmente possiamo classificare lo stress mentale derivante da fattori esterni come irrilevante o, quantomeno, un male necessario: per portare avanti un'attività sportiva più o meno importante servono soldi e bisognerà mettere in conto un numero minimo di spostamenti (a meno che non abbiate una palestra in casa) e interventi legati al reperimento dei fondi. L'unica accortezza che un allenatore dovrebbe osservare e che tutti questi elementi non interferiscano con lo spazio dedicato agli allenamenti e, soprattutto, al tempo libero dell'atleta. Un atleta che si sente soffocato non rende, è distratto e sposta le sue attenzioni verso la ricerca di spazi in cui rilassarsi....tendenzialmente, non potendoli trovare, se li ritaglierà rallentando la spinta nel corso degli allenamenti abbassando la qualità del lavoro fisico, tecnico e tattico.

Finiti i discorsi banali si nota immediatamente come la problematica principale legata alla riuscita della performance sportiva e in cui si può intervenire in maniera più massiccia sia strettamente connessa agli equilibri interiori dell'atleta e alle sue preoccupazioni. Come detto all'inizio, questo aspetto dev'essere integrato con quelli tecnici, fisici e tattici per migliorare la performance, ma non può essere l'unica base di lavoro, seppur sia una molla rilevante per fare il salto di qualità.

Secondo il pastore del Massachusetts James Gordon Gilkey esisterebbero cinque categorie di preoccupazioni, quattro delle quali immaginarie. La quinta, quella delle preoccupazioni con un fondamento, ricoprirebbe solo l’8% del totale, eppure si ragiona e si fanno valutazioni secondo la proporzione contraria.

Io sto proponendo il discorso in salsa sportiva, ma ciò non toglie che questo sia assimilabile a tutti gli aspetti della vita. A tal proposito, lo stesso Seneca, che sicuramente non può esser considerato un mental coach sportivo, nella lettera numero 13 delle sue epistole a Lucillo, individuando "la tendenza dell’essere umano a sopravvalutare i pericoli, a temere senza motivo e a inventarsi paure inesistenti, auto-infliggendosi sofferenze inutili e ansia" scrive:

"Certe cose ci tormentano più del dovuto, certe prima del dovuto, certe assolutamente senza motivo; quindi, o accresciamo la nostra pena o la anticipiamo o addirittura ce la creiamo. […] Ti raccomando solo di non essere infelice anzitempo: le disgrazie che hai temuto imminenti, forse non arriveranno mai, o almeno non sono ancora arrivate"



In parole povere, la maggior parte delle nostre paure e del nostro stress è autoindotto. Nonostante il consiglio di Seneca che esorta Lucillo a non preoccuparsi prima del dovuto, si percepisce che anche all'epoca del filosofo romano (oggi diremmo spagnolo viste le sue origini andaluse) l'uomo avesse una forte tendenza a pensare in negativo. 
In realtà, pensare negativo è un processo naturale di autodifesa: 

1. pensare il peggio, come aspettarsi di fallire, di essere traditi o di essere delusi è come stipulare una polizza di assicurazione per le emozioni. Chi non ha mai detto o pensato: “quando mi aspetto il peggio, non resterò deluso se le cose andranno male davvero”. 
2. E’ più facile predire il peggio che il meglio. Fare una brutta partita non comporta molti sforzi nella sua preparazione: possiamo riuscirci sempre facilmente!
3. Simile al punto precedente, ma con una sfumatura di separazione, è il discorso ALIBI. Pensare negativo ci fornisce l’alibi per non provare a lavorare sodo per qualcosa. 
4. Un’altra forma di pensiero negativo è sperare che le cose buone non accadano a coloro che conosciamo. Ciò evita l’onere di congratularci con gli altri del loro successo. Oltretutto questa è una forma velata di auto paragone. Siamo gelosi quando le cose positive accadono agli altri, ma è più facile sperare che quelle cose non accadano a loro piuttosto che impegnarsi perchè accadano a noi. Aggiungerei anche che "sbattersi" per raggiungere il livello di chi fa le cose meglio di noi è molto tosto e non fa per tutti: meglio sperare nell'altrui fallimento.

Ma come dominare questi aspetti e migliorare la nostra performance o quella del nostro atleta?
Per la mia personale esperienza direi che la soluzione è la conseguenza di un lavoro di squadra altamente comunicativo (dove per comunicazione non si intende solo il semplice "parlare") tra l'atleta, l'allenatore e lo staff sui seguenti aspetti: 

- Autostima: conferisce all’atleta la consapevolezza di avere le doti per raggiungere il successo, donando anche la capacità di rialzarsi a testa alta.
Troppo spesso ho sentito la frase “E’ stata solo fortuna” sia in seguito ad un successo che ad una sconfitta. Smettiamola di ripetere questa sciocchezza e iniziamo a dar credito alle cose buone che facciamo. Una frase che mi piace tantissimo e che mi ripeto spesso, soprattutto quando gli obiettivi sono lontani e non ho voglia di allenarmi, è

La fortuna è ciò che accade quando la preparazione incontra un'opportunità

Ci credete se vi dico che anche questa frase è di Seneca?
La fortuna è relativa. La preparazione no. A maggior ragione la fortuna non può essere la spiegazione di una sconfitta. E così passiamo al prossimo punto:

- Consapevolezza: ciò vuol dire, capire al meglio la causa della difficoltà che si sta attraversando e i suoi effetti sull'atleta
Guardiamo in faccia la realtà: non tutte le cose vanno come vogliamo, anzi! Ma non disperiamo perché è altrettanto vero che:
a. un cambio di programma con vincente è una soluzione efficace e soddisfacente, non un errore di programmazione
b. Le sconfitte sono temporanee: solo perché ci sentiamo giù e depressi non vuol dire che lo saremo per  sempre, non lasciamo che una sconfitta rovini tutta la vostra vita
c. sbagliare non vuol dire essere dei falliti. La sbaglio è semplicemente il sistema migliore che abbiamo per crearci "esperienza": impariamo ad amare l'opportunità di crescita derivante dall'errore, ma al tempo stesso odiamo l'errore (in altre parole: sbagliamo il numero di volte necessario ad imparare, ma mai allo stesso modo)! 

- Autocontrollo: per ragionare con calma su ogni decisione è necessario avere la giusta capacità di dialogare con se stessi. Ci ascoltiamo abbastanza? Siamo onesti con noi stessi? Siamo esigenti ma non troppo severi? Ci vuole tempo per riuscire a trovare il proprio equilibrio interiore: parlare con il nostro allenatore o lo staff e rielaborare le sensazioni da soli è il metodo più veloce per sviluppare questa capacità; essere in situazione di difficoltà è il modo più efficace per allenarla.
Collegandomi al punto precedente sulla consapevolezza: le sconfitte sono temporanee così come lo sono le vittorie. Non si vive di ricordi se si fa sport per lavoro o con un fine di performance ideale. Non sediamoci e non esaltiamoci troppo. Il salto di qualità è conseguenza di un lavoro quotidiano continuo nel tempo, perciò bisogna evitare di fare scelte errate dettate dal solo istinto: programmazione, low profile e tanta calma sono la chiave del successo.

- Forza di volontà: qui si potrebbe aprire un mondo, ma userò la mia forza di volontà per non farlo. Un solo concetto: per sviluppare la forza di volontà occorre imparare a conoscere al meglio noi stessi e porsi gli obiettivi giusti!
Come si fa?? Una tecnica che suggerirei potrebbe essere quella del cosiddetto schema S.M.A.R.T.. L'acronimo è presto spiegato. Ogni obiettivo deve essere:

S: Specifico e in positivo: l’obiettivo non deve mai presentare un carattere generico e deve essere posto nel senso positivo (esempio: “Devo essere veloce”).

M: Misurabile: questa caratteristica renderà i risultati raggiunti più facili da constatare e analizzare. In tutto quello che si vuol fare è importante ottenere prove tangibili e verificabili dei risultati ottenuti.

A: Ambizioso: solo se estremamente ambizioso, l’obiettivo sarà in grado di motivarci a dovere e di renderci capaci di superare realmente i nostri limiti.

R: Realizzabile: un obiettivo deve però essere anche conquistabile, perché, una volta conquistato, potrà accrescere la nostra autostima e le nostre convinzioni.

T: Tempificato: non prefiggerci un qualche intervallo di tempo, entro cui dover completare il nostro obiettivo, può essere causa di fallimento.



Tecniche e soluzioni a parte aggiungerei un ultimo appunto: scegliere di star bene con noi stessi e godersi il presente accogliendo quello che si ha e si ottiene è la conditio sine qua non per approcciarsi ai suddetti concetti! 

E' verosimile che in futuro accada qualche male: ma non è proprio sicuro. Quanti eventi inaspettati sono accaduti! E quanti, attesi, non si sono mai verificati. E se anche capiterà, a che giova andare incontro al dolore? Ti dorrai a sufficienza quando il male arriverà: frattanto augurati il meglio. […] Anche se il timore avrà più argomenti, scegli la speranza e metti fine alla tua angoscia
Seneca, Epistulae morales ad Lucilium
(...sì, sempre lui!)