martedì 10 ottobre 2017

Pensa alla prossima palla!

Dicono che ci sia una differenza tra la temperatura reale e quella percepita, ma nella "sopportabile pesantezza dell'essere" la misura reale è senza dubbio il peso che percepiamo. 
Fausto Cercignani, Simply Transcribed


E' un po' di tempo che ho in testa questo post, ma non ho mai trovato il momento adatto per scriverlo: non perché fossi impegnato, ma l'argomento è tanto pesante quanto delicato e parlarne nel momento sbagliato potrebbe infastidire più di qualcuno.
Già il fatto di scrivere una frase come quella che avete appena letto dà il senso della gravosità con cui si può percepire l'argomento di questo post: l'errore!

Proprio lui. 
Anzi, per essere più precisi vorrei provare a discutere del modo malsano con cui si vive l'errore nel mio sport.

La pallavolo, si sa, è uno sport in cui l'errore fa la differenza tra una sconfitta o una vittoria, tra un top-player e uno che potrebbe diventarlo (e magari non lo diventerà mai).

Osservando me e tanti altri giocatori nel corso degli anni ho potuto notare alcune linee di pensiero sulla gestione degli errori.
Quella classica ha a che fare la tecnica. Gli allenatori o i giocatori che perseguono questa linea affermano che eseguendo bene un gesto tecnico si avrà come diretta conseguenza un'azione priva di errori. Il problema principale di questo concetto è che non tutti gli errori sono tecnici e, soprattutto, non basta fare tutto bene per vincere (anche se aiuta molto): bisogna anche fare qualcosa meglio dell'avversario.
Per risolvere l'errore di tipo tecnico ci sono 2 strade tra loro in antitesi:
- tante ripetizioni di un gesto fino a farlo diventare automatico e corretto;
- poche ripetizioni esatte di un gesto per aumentare il livello qualitativo dello stesso.
Scommetto che almeno una di queste due strategie l'abbiano provata sulla propria pelle tutti i pallavolisti!

Personalmente, sbagliando molto, le ho provate tutte e due!!! Devo dire che funzionano entrambe, ma di solito i giocatori(almeno quelli che sentono il bisogno di migliorarsi) preferiscono la prima per un motivo banale: lavorando di più ci si mette in condizione di sentirsi la coscienza pulita. Il concetto è: "ho lavorato tanto, di più non potevo fare, quindi mi sento a posto".
Non voglio dire di essere d'accordo o di pensare che questa sia la strada migliore, tutt'altro, ma per quanto possa sembrare banale e sciocco, pensarla in questo modo rende più tranquilli i giocatori e quindi li fa rendere meglio. Ovviamente anche l'allenamento aiuta, ma ad ogni modo non è di questo che parleremo. Oggi vorrei concentrarmi solo sull'aspetto mentale del "percepire" gli eventi e in particolare del "percepire" l'errore, vero soggetto di questo post.

L'errore o si subisce o si usa: non c'è altra storia. 
Apro un parentesi.
Spesso si chiede ai giocatori di pensare alla "prossima palla": una delle frasi più imprecise della storia del coaching perché cambia valore a seconda del contesto. Innanzitutto, se ammettiamo che quel che è andato è andato "pensare alla prossima palla" potrebbe essere una frase utilissima quando si fa punto piuttosto che quando lo si perde. Provate a pensarvi dopo aver fatto un colpo eccellente, magari uno di quei colpi da maestro che capitano una volta nella vita: cuore accelerato, battito a mille, cervello che fatica a focalizzare e magari, per i più timidi, anche la sensazione indiscreta di aver tutti gli occhi puntati addosso (cosa che 2 secondi prima nemmeno percepivano)...non mi sembrano proprio le condizioni ideali per approcciarsi all'azione seguente, che, oltretutto, sarà un'azione di contrattacco (abbiamo fatto punto, no?) e quindi condizionata da molte più variabili rispetto ad una di cambiopalla.

Chiusa la parentesi torniamo a noi riprendendo da dove avevo lasciato: pensare alla prossima palla è un concetto che cambia valore a seconda del contesto.

Un errore è un buon sistema di insegnamento: in allenamento non dev'essere dimenticato e in partita dev'essere gestito. Sbagliare è un'esperienza di crescita.

Quando perdi, non perdere la lezione.
Dalai Lama


E' importante non passare subito alla prossima palla ma fermarsi a riflettere per un secondo su quanto è successo per evitare si possa ripetere.

Facciamo attenzione a due situazioni classiche che si verificano in partita.

1. Sentire di aver commesso un errore e percepirne fastidio è buono, ma è assolutamente vietato far vedere al nostro avversario il nostro fastidio: soprattutto nell'alto livello equivale a scavarsi la fossa da soli perché il nostro rivale sicuramente andrà a insistere sulla situazione da noi sbagliata per farci ripetere l'errore o, dall'altro punto di vista, per prendersi un altro punto! 

2. Percepire l'errore come un fastidio è quasi sempre inteso con un'accezione negativa...da cui la frase (questa volta giusta nel contesto) "pensa alla prossima palla". E' proprio su questo che bisogna lavorare. Tornando al concetto espresso dalla frase del Dalai Lama: sfruttiamo l'esperienza e rendiamo il futuro positivo.

Come si fa? Bella domanda. 
La risposta (utopica?) è molto semplice: bisogna cambiare mentalità. Siccome questa frase mi suona veramente vuota cerco di esprimere meglio il mio pensiero: 
un amico mi raccontava di una sua esperienza giovanile in una classe di  una scuola statunitense (sì, ogni volta che si parla di mentalità e approcci positivi si finisce in USA....sarà ora di studiarli seriamente questi americani???). La professoressa aveva dato un compito uguale a tutti i ragazzi che, diligentemente, si erano messi a rispondere alle varie domande. Vedendo il suo compagno di banco in difficoltà il mio amico, da buon italiano, gli ha allungato il foglio con le risposte per farlo copiare. La reazione del compagno è stata pressoché fantascientifica per noi: piccato allontana il foglio delle risposte e continua a non rispondere fino alla consegna del compito. 

- Primo risultato(immediato): voto bassissimo. 
- Secondo risultato: il professore si è messo a rispiegare al suo compagno quello che aveva sbagliato, cercando la modalità comunicativa migliore, fino a che il ragazzo  non lo ha fatto suo.
- Risultato finale(nel lungo periodo): uno studente preparato.

Cambiare mentalità significa cambiare il modo di allenare. L'errore non dev'essere un mostro da cui scappare, ma un passaggio necessario verso il perfezionamento.

Ricercare questo tipo di approccio produce giocatori che:
1. ricercano il perfezionamento senza imporsi limiti mentali
2. non subiscono l'errore e quindi diventano meno attaccabili dagli avversari
3. migliorano a più ampio raggio: questo tipo di approccio è valido per gli aspetti tecnici così come per quelli tattici

Quest'anno in squadra ho l'occasione di avere due giocatori made in USA e devo dire che questo aspetto di leggerezza nell'approccio ad alcune situazioni di gioco è evidentissimo....devo ammettere, per uno dei due, che ogni tanto l'estrema leggerezza mi infastidisce un pochino perchè lo induce a complicare le giocate a discapito di qualche mio faticosissimo primo tocco, ma è giovane e si farà!!! ;-P

Tornando seri per un minuto ancora: la percezione di una situazione deriva dagli stimoli esterni che il giocatore assimila. Il processo è più facilmente modificabile con i giovani, ma ciò non esclude che anche i giocatori esperti possano beneficiarne, tutt'altro!!!! Non si smette mai di imparare...banale ma vero.

Il primo passo in questo senso, per un allenatore, è la programmazione: il coach deve sapere dove vuole portare(tecnicamente e tatticamente) la sua squadra.
Una volta stabilito l'obiettivo deve iniziare un bombardamento di stimoli positivi incentrati sul perfezionamento. Ogni processo è singolare e deriva dai caratteri di chi lo propone e di chi lo "subisce". Personalmente credo che uno degli aspetti più belli dell'allenare sia proprio quello di trovare il modo giusto di trasmettere le proprie idee ad ogni singolo giocatore.



Un invito a non incappare nell'errore contrario a quello di far pesare troppo l'errore: la superficialità.

Non sottolineare l'errore significa non riconoscere una situazione da modificare. Errore clamoroso.

Non dar peso a nessun errore non crea giocatori, ma un gruppo di gente che magari si diverte insieme e che sicuramente non migliora minimamente rispetto a quanto dovrebbe.

Non sottolineare il peso di un errore induce l'atleta a non capire le priorità: cosa è importante? "Quando" è importante? Perché qualcosa è più utile o semplicemente utile? Etc.

L’esperienza non è ciò che accade a un uomo. E’ ciò che un uomo fa di ciò che accade a lui.
Aldous Leonard Huxley

Un'ultima storiella personalissima. 
Qualche anno fa un mio collega del corso per allenatori di primo grado mi fece una domanda che mi diede un po' da pensare: "ho una giocatrice, libero, che non sopporta sbagliare. Ogni volta che fa un errore si senta affranta e di fatto smette di giocare. Cosa posso fare?" 
Forse ora riesco a integrare meglio la risposta, che già non era molto distante da quanto vado a scrivere. Il problema, in questo caso, riguarda la mancanza di esperienza, ma per imparare basta guardare "chi lo ha già fatto". Tutti commettono errori, anche i giocatori di alto livello. Far vedere che anche i top player sbagliano può essere sicuramente un modo per far capire che l'errore fa parte del gioco. Ovviamente va fatto in maniera poco approfondita, limitandosi più o meno al concetto che ho appena espresso senza indagare troppo e sviare verso altri lidi troppo particolari: anche la valutazione di uno sbaglio e il peso di uno stesso tipo di errore devono essere rapportati, così come le abilità tecniche o tattiche, al livello di gioco e all'età del singolo atleta. Un palleggio a 13 anni non è lo stesso palleggio a 30 anni seppur sempre di palleggio si parla: idem con l'errore.

Ricorda coach:
Se tratti una persona come se fosse ciò che dovrebbe e potrebbe essere, diventerà ciò che dovrebbe e potrebbe essere.
Johann Wolfgang Goethe



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