martedì 5 settembre 2017

ItalVolley nel paese delle meraviglie

“Che strada devo prendere?” chiese.
La risposta fu una domanda:
“Dove vuoi andare?”
“Non lo so”, rispose Alice.
“Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza.”

[...]

“Siccome non era in grado di rispondere a nessuna delle domande, non dava molto peso alla maniera in cui se le poneva.”

Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie




In questi giorni ho letto e ascoltato molto a proposito degli Europei appena passati e del futuro della nostra pallavolo. Ho un paio di considerazioni da fare prima di passare ai miei soliti ragionamenti fuori tema:

1. La prima è banalissima. Siamo il solito paese di allenatori da dopo partita: tutti bravi a criticare dopo, ma come al solito la maggior parte di chi parla non solo non ha minimamente idea di cosa significa giocare a pallavolo a quel livello ma, probabilmente, nemmeno di cosa voglia dire giocare a pallavolo.
Devo dire che in questo gioco del tiro al piccione alcuni dei telecronisti italici sono degli ottimi e ingiustificati apripista nonostante qualcuno di loro un po' di esperienza ne abbia. Sarebbe bello sentire parlare di pallavolo non solo in maniera negativa, ma coinvolgente e tecnica....ma questa è un'altra storia. Apro una parentesi: la critica è sempre legittima, ma credo sia il caso di pensare bene a quel che si dice o scrive per non incappare in banalizzazioni astratte!

2. "possibile che i problemi saltino fuori solamente quando si perde sebbene siano presenti già da molto tempo?"
Questa frase contiene in sé altre 2 considerazioni:
a. vincere diventa un alibi o uno specchio in cui bearsi del risultato senza studiare e progredire o, quanto meno, cercare il progresso
b. non si può essere perfetti, ma ciò non toglie che anche con dei problemi, se ben analizzati e affrontati, si possa arrivare a degli ottimi risultati.

Detto questo non ho alcuna intenzione di fare analisi tecniche o tattiche perché non ne ho voglia ma, soprattutto, perché non ho abbastanza elementi per farlo in maniera esatta visto che non ho vissuto direttamente il gruppo dell'Italia.

Di cosa parlerò? Di alcuni pensieri che mi sono venute in mente ascoltando i commenti:
1. "c'è modo e modo di perdere"
2. "bisogna inserire più giovani se vogliamo vincere"
3. "programmazione" ...una parola che è sempre di moda, ma a cui difficilmente fa seguito qualcosa

C'è modo e modo di perdere.
Nella mia idea: se perdo ho perso. Punto. E' una semplificazione esagerata ovviamente, ma molto vicina alla realtà. Pensiamola in senso storico:
In semifinale la Serbia ha perso 3-2 con la Germania e il Belgio 3-0 con la Russia. La sconfitta della Serbia vale molto di più di quella del Belgio? Naturalmente no.
Al contrario: l'Italia ha perso 3-0 con il Belgio, ma solo 3-2 con la Germania vice-campione, il che potrebbe far pensare che l'Italia sia più forte del Belgio visto che i Red Dragons non sono arrivati in finale con i Tedeschi...alibi o facezia?? Consentitemi questi ragionamenti da bar per sottolineare che non ha senso parlare di "modi di perdere".

Per perdere a pallavolo c'è solo un modo:
giocare peggio degli avversari. 

Allo stesso modo c'è solo un modo per vincere:
GIOCARE MEGLIO DEGLI AVVERSARI, 
che non implica giocare bene o esprimere il massimo livello pallavolistico assoluto. Per vincere basta effettuare una prestazione di "due palloni" migliore dei rivali (per usare parole di Angelo Lorenzetti).

“Ma io non voglio andare fra i matti” osservò Alice.
“Be’, non hai altra scelta” disse il Gatto. “Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.”
“Come lo sai che sono matta?” disse Alice.
“Per forza,” disse il Gatto, “altrimenti non saresti venuta qui.”
Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie


Finiti gli sproloqui cerco di tornare serio almeno per un momento. Al di là delle mie chiacchiere esistono diversi modi di approcciare una partita ed, eventualmente, perderla.
La prima cosa che decreta l'importanza di una sconfitta è l'obiettivo che ci siamo posti: se l'obiettivo è molto più alto rispetto alla partita persa allora è un problema, altrimenti no. Per dirla in altri termini: se una serie C che vuol vincere un campionato perde contro una A1 o una terza divisione in amichevole è un conto, ma se perde contro una diretta rivale durante i playoff è tutta un'altra storia. Stabilire un obiettivo realistico è la base per poter analizzare una sconfitta.

Secondariamente c'è la storia del cosiddetto "atteggiamento". Io odio parlare di atteggiamento, ma se si fa parte di un gruppo Nazionale la sconfitta sportiva è la sconfitta di un paese. L'identità di un popolo è sportivamente rappresentata dai suoi gruppi sportivi e vedere perdere senza lottare DEVE dare molto fastidio a tutti noi. Sentire all'estero dire: "Ah, gli italiani, un popolo inconsistente che alla prima occasione si sbriciola" non è che mi fa incazzare(perdonate il termine), di più: noi non siamo così e chi ci rappresenta deve provarlo. Essere in Nazionale vuol dire rappresentare un popolo. A proposito di questo, mi ha dato da pensare anche la squadra di atletica leggera ai recenti mondiali: contenti per un decimo posto o per "esserci": noi siamo italiani, un po' di orgoglio. Sono ottimi risultati e ognuno ha la sua storia personale, ma dobbiamo aspirare a qualcosa di più come CONI. La nostra storia e la nostra identità ce lo impongono...ma questi discorsi oggigiorno credo siano utopici purtroppo.
Voglio crede di aver appena scritto una frase sbagliatissima.

Bisogna inserire più giovani se vogliamo vincere
Non capisco dove sia la connessione tra gli elementi di questa frase: se vogliamo vincere dobbiamo inserire dei vincenti...che poi abbiano 2 anni o 82 quale differenza fa? La domanda è: "vogliamo vincere?" Oppure, qual è l'obiettivo?

“Allora dovresti dire quello a cui credi», riprese la Lepre Marzolina.
“È quello che faccio”, rispose subito Alice. “Almeno credo a quello che dico, che poi è la stessa cosa”.
“Non è affatto la stessa cosa!” disse il Cappellaio. “Scusa, è come se tu dicessi che vedo quello che mangio è la stessa cosa di mangio quello che vedo!”
Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie

Pensando alla nostra nazionale, oltretutto, credo si possa dire tutto tranne che i convocati non siano giovani e non abbiano talento. Io personalmente credo che bisogna reinserire il concetto di "sconfitta" o "vittoria" nei vari campionati: se in A1 perdere non ha implicazioni(non si retrocede), chi non gioca per vincere perché dovrebbe dannarsi l'anima a cercare la vittoria?

Lo stesso discorso va fatto a cascata in A2, B, C, D e le divisioni.

E mi collego al discorso programmazione. Programmare non vuol dire far arrivare sistematicamente i giovani nelle serie maggiori con regolamenti specifici, ma imparare a farli crescere dal basso e selezionare solo chi lo merita. Se ripenso al mio primo anno di B1 (e io non sono assimilabile come giocatore ai talenti del club Italia, sebbene nel mio piccolo qualche soddisfazione me la sono tolta), ero l'unico 18enne in una squadra con 4/5 giocatori tra i 20 e i 25 anni e gli altri tutti over 30 (e nemmeno di poco). Vivere con gente più forte e più "anziana" è utile ed è fonte di esperienza e conoscenza. Aggiungo una seconda considerazione: se giochi male chi lo dice che devi salire di categoria? Meritatelo!

La programmazione attuale confonde il "sopravvivere" con il "vivacchiare".
Sopravvivere implica impegno, fatica e sconfitte brucianti che portano a vittorie. Vivacchiare implica giocare a pallavolo con un puro fine estetico o di intrattenimento. Quando poi chi vivacchia si trova a dover sopravvivere che succede?

Le piccole società e i settori giovanile devono creare i talenti, e tutti dovrebbero accompagnare, non coccolare, sia i piccoli clubs che i neo-giocatori...attualmente si accompagnano solo i giocatori!!! Le piccole società sportive sono le nostre radici. I settori giovanili sono la nostra linfa vitale. Le persone, di qualsiasi età e ruolo, sono il cuore. Da loro bisogna ripartire per dover sperare di affrontare tanti problemi in meno in futuro. Accompagniamole e aiutiamole. Proviamo a conoscere sistemi che funzionano un po' meglio del nostro...basket? Calcio? Tennis? Agli esperti la risposta, io non ne ho le capacità sebbene senta la necessità di fare qualcosa di più.

Detto ciò l'Italia del Volley ha giocatori forti, tecnici preparati e un gran cuore, ed oltretutto ospiteremo il prossimo mondiale. Secondo me potremo fare bene nonostante i problemi e son sicuro che ci riusciremo, ma la vittoria non dovrà essere l'ennesimo alibi.

La pallavolo in Italia può tornare a crescere. Serve tempo, volontà di riportare lo sport e le persone al centro del progetto e chiarezza di intenti: il momento, anche mediaticamente,  è quello giusto... però ragazzi sbrighiamoci a cercare il cambiamento dell'anima del nostro favoloso sport che al mondiale manca poco e a Tokyo ancora meno!

Bianconiglio – "Povero me! Povero me! Arriverò in ritardo!"
Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie



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