mercoledì 29 marzo 2017

Mi si sono intrecciati i diti, ovvero: si fa presto a dire Mental Coaching!

"Orimbelli: S'accomodi Fracchia... Fracchia, siccome ormai tutti sappiamo che lei è un mediocre, ma cosa dico mediocre? Lei è la quinta essenza della mediocrità! 

Belva Umana: ... 

Orimbelli: Ehm, no, giusto? Se sbaglio mi corregga! Lei tace, quindi acconsente: lei è un mediocre... 

Belva Umana: ... 

Orimbelli: E siccome dobbiamo lanciare un prodotto, al cioccolato, che soddisfi un po' il gusto del consumatore medio, che vorremmo chiamare "Il Sempliciotto", ecco; lei che è un mediocre, li assaggerà tutti, e ci dirà, quale le piace di più! 

Dal film "Fracchia, la belva umana"

L'idea di questo articolo è nata grazie all'intervento di Simone Di Tommaso, coach della scuola di beach volley "Beach Project". Come sempre nessuna pretesa di scientificità, ma solo considerazioni personali.
Potrete trovare il testo nella sue veste ufficiale sulla pagina della scuola e, per la precisione, cliccando qui.


Mi si sono intrecciati i diti
ovvero: si fa presto a dire Mental Coaching!


Quando il coach della beach volley project mi ha chiesto di parlare della mia esperienza non credo pensasse che avrei citato Paolo Villaggio per parlare di Mental Coaching!
Rischi del mestiere.
Per i meno giovani: “Mi si sono intrecciati i diti, me li streccia?” è uno dei tormentoni del ragioniere Giandomenico Fracchia, personaggio ipertimido, goffo e servile ben oltre il limite di caso patologico di Paolo Villaggio.

Cosa c'entra con il mental coaching? Ve lo spiego subito raccontandovi la mia esperienza attiva nei due sport che prediligo: pallavolo e corsa (trail running per essere precisi!)!

Nel corso degli ultimi anni sia il mondo del podismo che quello del volley sono stati attraversati da svariate innovazioni, tanto che un podista di ieri avrebbe difficoltà a riconoscersi nell’attuale momento storico e un pallavolista di ieri ha maggiori difficoltà di lettura e conoscenza del gioco di quelle che pensa di avere (permettetemi la polemica).

La più giovane innovazione riguarda, per l'appunto, l’allenamento mentale!
Quando sento parlare di mental coaching, mi imbatto spesso in una tesi un po' superficiale:

tutti possono seguire un programma di allenamento mentale

Non è mia intenzione smontare questa tesi, anche perché non la considero sbagliata, ma incompleta!

Praticare o allenare sport di squadra e non mi ha portato, per forza di cose, a dover incontrare, scontrare o imparare a conoscere compagni di squadra, avversari o i miei stessi limiti e capacità.
Non potrebbe essere più banale affermare che esistono migliaia di profili psicologici diversi e altrettanti modi di preparare e affrontare le competizioni.
Mi passerete, pertanto, 2 affermazioni altrettanto banali:
  1. ogni allenatore ha una sua ricetta di allenamento, ma ogni bravo allenatore la modifica per ottenere il miglior rendimento possibile dal suo atleta;
  2. tutti gli atleti possono migliorare, ma non tutti possono diventare campioni.


Se quanto detto sopra non si verifica o non viene riconosciuto da un allenatore, per quanto potranno essere ben fatti, i suoi allenamenti risulteranno comunque inutili perché non tarati sull'atleta.
A maggior ragione questo concetto è valido per una materia nuova e ancora inesplorata come il mental coaching.

Quando si parla di allenamento mentale sia l’atleta che l’allenatore spesso utilizzano ricette preconfezionate che non necessariamente producono sul singolo gli stessi effetti che hanno prodotto su altri.
In altri termini:

Tutti possono seguire un programma di allenamento mentale,
ma il giovamento sarà proporzionale all’equilibrio del soggetto

È veramente ottimistico credere che una persona non equilibrata riesca a seguire un piano di allenamento mentale. 
Bisogna stabilire una serie di relazioni fra le caratteristiche che deve avere una personalità equilibrata e quelle che si cerca di allenare con un allenamento mentale. Se il soggetto di base non le possiede per nulla è dura allenare qualcosa partendo da zero!

Per allenare la concentrazione è necessaria una forza di volontà anevrotica, per allenare la determinazione è necessaria la forza di carattere, per allenare la sicurezza è necessaria l’autostima, per allenare il rilassamento è necessaria la calma etc.


E qui torniamo al ragionier Fracchia: allenereste la determinazione del ragioniere??

È anche ottimistico sperare di usare la dimensione sportiva per “creare” queste caratteristiche positive in persone che non le hanno, soprattutto nell’amatore: si fa sport per poche ore alla settimana, mentre si vive per 24 ore al giorno!
Lo sport di resistenza o l'attività in gruppo/squadra può essere un utile strumento per migliorare la personalità, ma dev'essere utilizzato correttamente.

L’esempio della forza di volontà che fa Roberto Albanesi in uno dei suoi numerosi studi sulla corsa è lampante: 
"esistono molti atleti dilettanti con scarsa forza di volontà anevrotica che nel gesto sportivo sembrano impiegare notevoli risorse; un osservatore esterno li descriverebbe come atleti che “sanno soffrire”, sembrano dotati di una grandissima forza di volontà. In realtà, conosciuti nella vita di tutti i giorni, dimostrano notevoli limiti: non sanno smettere di fumare, non sanno mettersi a dieta se hanno qualche chilo di troppo, non sanno affrontare situazioni banali come una visita dal dentista. È chiaro che la loro forza di volontà nello sport è di tipo nevrotico, cioè finalizzata a un risultato che la mente vuole perseguire a tutti i costi.
Su questi individui un programma di allenamento mentale può essere pericoloso o del tutto inutile in quanto potrebbero abbandonare lo sport quando la nevrosi ha termine, cioè quando “non gli interessa più”. Viceversa, se si rende edotto l’atleta dei propri limiti caratteriali, lo si può indirizzare, tramite lo sport, allo sviluppo di un’ottima forza di volontà anevrotica."

Questo provoca enormi benefici all'atleta soprattutto “fuori dal campo”: a differenza dell’allenamento fisico, quello mentale non si dimentica. 

Chi è calmo lo resta per tutta vita

Attenzione: chi ha bisogno di esercizi continui per rimanere calmo è perché alla fine calmo non è. Lo dimostrano tutti quei soggetti che si affidano a tecniche e filosofie che fanno intervenire quando la loro vera natura li porta su terreni negativi. Occorre, quindi, distinguere fra:
  • soluzioni sintomatiche
  • soluzioni causali
Il paragone con i farmaci è ovvio. Se ho una malattia posso curarne i sintomi (ma non le cause) oppure andare a fondo e colpire le cause (e i sintomi spariranno). La prima soluzione è interessante, ma presenta tutta una serie di problemi facilmente intuibili, il primo dei quali è che è attuabile solo se le cause se ne vanno da sole altrimenti dovrò imparare a convivere con la malattia.
Ci sono moltissimi individui che adottano soluzioni sintomatiche ritenendole causali. Un esempio è offerto da tutte quelle tecniche o stili di vita che dovrebbero rendere calma la vita del soggetto. Molto spesso si scopre che quotidianamente la persona vive in un meccanismo a due stadi: dapprima parte lo stress (il lavoro, la moglie, i figli, la suocera, i rapporti con il vicino e mille altre cause), appena il soggetto lo avverte prende la sua medicina e si calma. Lui è veramente convinto che la sua medicina sia causale, mentre non si rende conto che è sintomatica. Lo stress parte comunque e, come insegnano i principi di neurobiologia, attiva tutta una serie di meccanismi negativi.

Il problema è che al soggetto sembra impossibile eliminare lo stress, l’ansia, la depressione o altri fattori negativi della vita: se li tiene e usa le sue meravigliose tecniche per limitare i danni.

L’alternativa è (e si può, visto che ci sono individui che ci riescono) eliminare stress, arrabbiature, depressioni, ansie, stanchezze etc. Ovviamente occorre trovare soluzioni causali.

Un allenamento mentale basato su esercizi porta quasi inevitabilmente a soluzioni sintomatiche. Sfruttando il fatto che la memoria mentale è molto migliore di quella fisica di muscoli, cuore e altre grandezze fisiologiche (ogni grandezza fisiologica si deallena in poche settimane), è possibile sostituire al concetto di esercizio quello di prova.

Una prova è una condizione che, se superata, produce effetti duraturi nel tempo.

Obiettivo del mental coach è migliorare l'uomo prima che l'atleta e ciò implica anche la conoscenza dei propri limiti e debolezze.
In sintesi: sapere dov'è un limite è l'unico modo per poterlo spostare, ma non facciamo credere a Fantozzi che lo trasformeremo in Rambo!




parte delle informazioni sono tratte da un lavoro di Roberto Albanesi

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